Bentrovati, amici del fantasy, per un altro #lunedìdellerecensioni.
Oggi parliamo di un folle, spiazzante e brevissimo racconto weird: La Buffa, scritto da Fernando Camilleri ed edito da Edizioni Hypnos.
Il racconto è stato finalista al Premio Hypnos e si basa su una leggenda siciliana.
N.B. Si tratta di un racconto di appena cinque o sei pagine; quindi, gli spoiler sono inevitabili.
Ma partiamo parlando dell’autore: Fernando Camilleri, siciliano, nasce e vive a Cefalù. Si definisce un “gattaro professionista” ed è autore di diversi romanzi e numerosi racconti.
Esordisce nel 2016 con Zucchero Filato Volante (Eretica Edizioni), per poi proseguire con Gli esseri oscuri (Delos Digital, 2020), Il pianeta dei Bipedi (Sabir Editore, 2021), Pizze indemoniate e come mangiarle (Nero Press, 2021) e Il genio raccomandato (Sága Edizioni, 2022). A queste opere si aggiungono moltissimi racconti, presenti in antologie e riviste come Alkalina, Blam! e Quaerere.
Il racconto parte come la più classica delle fiabe.
Mentre è al lavoro, un contadino di nome Dino Ponta si imbatte in un grosso rospo, una buffa, appunto. Memore di una leggenda e trovando la bestia stranamente interessante, decide di non ucciderla.
Con sua grande sorpresa, scoprirà che le leggende hanno sempre un fondo di verità e, infatti, il giorno dopo si presenteranno alla sua porta due bellissime donne, madre e figlia, per ringraziarlo. La buffa, infatti, aveva in sé l’anima della giovinetta e, risparmiandola, l’uomo ha salvato la vita della ragazza.
Fino a questo punto, la storia non si discosta granché dalle fiabe a cui ci hanno abituato i fratelli Grimm e le raccolte di Calvino.
Ma che racconto weird sarebbe se il grottesco e il macabro non avessero un loro ruolo?
Il lettore se lo aspetta e non viene deluso.
Camilleri inserisce a questo punto un salto temporale di circa un mese, al termine del quale quello che era il protagonista ha subito una trasformazione: psicologica, invisibile dall’esterno, ma determinante.
E forse la parte taciuta è anche quella più interessante. L’autore rivela infatti sin da subito quanto la bellezza delle due donne, e in particolare della più giovane, abbia colpito Dino. Specie a paragone con l’aspetto della moglie, che viene presentata in termini non proprio lusinghieri
Sua moglie ha la barba scura e il fisico di un tonno, non di certo tutta quella grazia e femminilità.
Dunque, quel salto temporale, quel silenzio, lasciano intravedere il crescere di un desiderio. Anzi, più che desiderio la potremmo definire ossessione. Un pensiero fisso, sempre più impellente, che si insinua nella mente dell’uomo (che santo non è) spingendolo fino all’epilogo della storia.
Ovviamente, del finale non diremo nulla, se non che le sfumature fiabesche lasciano il posto a ben altre tinte. La storia, a questo punto, diviene più cupa, maligna e, a dirla tutta, anche disturbante. E solo il coup de théâtre conclusivo, davvero magistrale, riesce a strappare una risata un po’ cupa.
Insomma, per essere un racconto così breve, si tratta davvero di un testo interessante, che colpisce dapprima a livello emotivo e solo dopo spinge alla riflessione.
Lo stile è perfetto per la narrazione: rapido, chiaro e incisivo, riesce a trasmettere i toni di un racconto di altri tempi senza perdersi in ampollose minuzie.
Siamo certi che questa fiaba weird saprà regalare qualche momento di piacevole svago a chiunque cerchi qualcosa di diverso dal solito.
Ma non leggetela ai bambini!