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“L’ORIGINE DEL MALE. DIAVOLETTA” DI GILBERT V. MARTIN – RECENSIONE DI ILARIA DAMIANI

L'origine del male - Diavoletta - Gilbert V. Martin - Copertina

Bentrovati amici del fantasy a questo nuovo #lunedìdellerecensioni.

Oggi torniamo a parlare di un autore già noto sulle nostre pagine: Gilbert V. Martin.

Gilbert V. Martin è un ingegnere che ama l’avventura. Appassionato di libri fantasy, giochi di ruolo e fantascienza, ha visitato il mondo e vissuto avventure a bordo di elicotteri e zattere, cavalcato elefanti e cammelli e nuotato in colorati mari tropicali. È grazie ai suoi viaggi che ha imparato a sognare.

Gestisce una pagina web dedicata alla saga: gilbertvmartin.it.

Diavoletta è il terzo volume della saga L’origine del male, preceduto da La formazione di un mago (2022) e Il difensore di Arda (2023).

In un mondo in cui l’oscurità minaccia la pace, il mago Banet si trova a indagare sull’origine del male. Un demone si nasconde, sotto fattezze femminili, tra uomini, elfi e nani. Aiutato da improbabili compagni di avventura, Banet partirà alla ricerca di un modo per salvare la luce e riportare la pace nel mondo. Eppure, niente è come sembra. Quando orchi, goblin e altre mostruosità incroceranno il suo cammino, il mago dovrà essere scaltro e distinguere con saggezza ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

“Là nella pianura, dove anche il vento danza sotto le stelle tremolanti, sorge una collina intrisa di sangue ove il Dio nero Ashar ha nascosto il suo regno e al suo interno il suo esercito di mostri”

Per molti anni, una catena montuosa è stata eretta per proteggere uomini, elfi e nani dalle creature generate dal caos: orchi, goblin, troll e altre mostruosità. Ma la barriera sembra vacillare. Semi di oscurità si infiltrano a Roccabruna, un tranquillo villaggio di uomini. Asharin, o Diavoletta, è un demone che ammalia uomini e li trae in inganno. Dopo essere caduto nella sua trappola, il mago Banet intraprende una “quest”, una ricerca sulle orme dell’oscurità mentre, poco a poco, potenti pietre magiche, un tempo ben custodite, cominciano a sparire minacciando il caos.

Intanto, un morbo maledetto serpeggia tra le fila dei soldati e tra i popoli comincia a girare voce che il Dio Nero sia giunto nel mondo.

Lungo il cammino, Banet incontrerà diversi personaggi e le sue vicende si intrecceranno a molte altre in una solida rete creata dall’autore. Molti di loro ci suscitano immediata simpatia, come l’asinello Raglio, il re nano Thorl e lo strambo goblin Frikx.

Ogni personaggio, sia principale che secondario, è stato costruito in modo da restare impresso nella mente dei lettori, i loro caratteri sono ben delineati, possiedono valori e ideali con cui riusciamo subito a entrare in empatia e che difficilmente dimentichiamo.

Gli Dei regnano sul mondo nato dalla penna dell’autore e ci ricordano le affascinanti divinità greche. Ognuna di loro viene mostrata con personalità ben distinte e influenzerà le azioni di ogni essere vivente.

“Le Parche sono tre vecchie megere che tessono un telaio. Ogni filo è la vita di un mortale. Ogni intreccio un incontro. Creano il caotico arazzo della vita. Ma sono cieche per vederne la bellezza e sorde per udire le grida che echeggiano quando le dita adunche, spietatamente, troncano un filo. Persino gli dei le temono”.

I lettori non incontreranno solo uomini, maghi ed elfi, ma anche divinità, amenità, palazzi nel buio e, sulla cima di una montagna, perfino un drago saggio e sapiente.

Ogni vicenda ha importanza, niente è lasciato al caso: questo elemento ci porta immancabilmente a rivivere i ricordi di quei giochi di ruolo pieni di atmosfera e intrighi che abbiamo amato.

“Sapevano che il Dio Nero non avrebbe avuto alcuna pietà. Sapevano anche che in caso di fuga, ovunque fossero riparati, non avrebbero potuto sfuggire alla sua vendetta, che sarebbe stata ancora maggiore”.

Talvolta, sembra che il ritmo della narrazione venga spezzato da dialoghi improvvisi e che spesso appaiono forse più idonei a un’opera teatrale che a un romanzo. Ciononostante, la scrittura è lineare e fluida e il lessico adeguato al contesto.

Diavoletta, che come ricordiamo è il terzo volume della serie L’origine del male, è il divertente epilogo che narra le vicende antecedenti i due libri della saga precedentemente pubblicati.

Gilbert V. Martin ha saputo creare un mondo fantasy quasi “cozy”, un regno accogliente dove ci sentiamo a casa e respiriamo i ricordi delle più belle storie fantasy.

È una storia perfetta per chi vuole rivivere le atmosfere nate dalla penna di Terry Brooks con il suo Ciclo d Shannara. Ricorda epopee come Il Signore degli Anelli di J.R.R. Tokien e Le Cronache di Prydain di Lloyd Alexander (da cui è tratto il lungometraggio Disney “Taron e la pentola magica”).

“La voce si sarebbe sparsa. Giunta all’orecchio dello stalliere sarebbe passata al barbiere e ai suoi clienti per poi divampare come il fuoco di un incendio sulle bocche di tutte le comari ficcanaso che abitavano il villaggio”

Quando chiudiamo l’ultima pagina di Diavoletta,già sentiamo la mancanza delle avventure appena vissute. Leggendo questa storia ci tuffiamo in un mondo medievale, tra feudi, rocche, locande e monasteri, senza mai dimenticare la magia che permea ogni evento ed è il fondamento di ogni buon libro fantasy.

“L’ORIGINE DEL MALE. DIAVOLETTA” DI GILBERT V. MARTIN – RECENSIONE DI ILARIA DAMIANI was last modified: Giugno 3rd, 2024 by Ilaria Damiani
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