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“LA BALLATA DI HERMAN IL BARDO” DI ERNESTO CATTANEO – RECENSIONE

La ballata di Herman il bardo - cattaneo - Copertina

Mai sottovalutare il bardo

Bentrovati amici del Fantasy!

Per il nostro #lunedìdellerecensioni vi presentiamo un classico sword & sorcery che di classico non ha proprio nulla. Stiamo parlando di La Ballata di Herman il Bardo, di Ernesto Cattaneo, edita da Algra Editore.

Ernesto Cattaneo è genovese, classe 1977, ingegnere meccanico, ricercatore per l’industria vetraria e bardo… pardon, cantautore. Tra i suoi riferimenti letterari in ambito fantasy troviamo Martin, Rothfuss e Abercrombie.

La Ballata di Herman il Bardo è un volume autoconclusivo ma comunque primo della Trilogia di Vedd.

Per portare a termine la missione che gli è stata affidata dal Concilio di Tross, Russ, mago Maestro d’Illusione, assolda Herman, Vaya e Carl-Orso (rispettivamente un bardo, un ladro e un guerriero) portandoli con sé nel proprio viaggio.
Intanto, la giovane evlae Herabel si inoltra nel bosco alla ricerca della sua amica Qara, scomparsa ormai da tempo e, nel frattempo, nel regno di Vedd il monaco Enim sta cercando un modo per difendere i confini dalla prevista aggressione dell’impero Kana.
Un lungo e tortuoso cammino porterà tutti loro a incontrarsi e a combattere fino alla morte per la libertà.

Come anticipato, La Ballata di Herman il Bardo rientra nella categoria degli sword & sorcery o degli epic fantasy; tuttavia, quest’opera ha delle caratteristiche tanto particolari da fiorare da un lato il romanzo filosofico e dall’altro la fantascienza.

Partiamo da uno degli elementi più classici: l’ambientazione.

Cattaneo ha creato un mondo abbastanza classico, con tratti tipicamente medievali, abitato principalmente dalla razza umana divisa in vari stati e domini. Le innovazioni tecnologiche sono un elemento molto presente che non strizza l’occhio allo steampunk solo in quanto troppo legato e dipendente dalla magia.

Gli scenari dipinti dall’autore, che sono molteplici, sono un giusto connubio tra spettacolarità e familiarità, senza esagerazioni teatrali, ma con descrizioni essenziali e precise che donano al lettore la sensazione di trovarsi davanti a dei quadri impressionisti.

All’interno di questo mondo si muove una moltitudine di personaggi e, infatti, il romanzo è corale, con un frequente cambio di prospettiva che mantiene comunque un certo equilibrio e dove la parte del leone è affidata ai personaggi di Herman e Vaya.

Questi sono anche i protagonisti meglio realizzati, più veri tanto nel bene quanto nel male. Con il procedere della storia assistiamo alla loro evoluzione psicologica, fatta di alti e bassi, di cadute e azioni eroiche che non suonano mai forzate o consapevoli. Infatti, sembra che ogni loro azione sia guidata da una vena sotterranea di incoscienza, non scevra da ripensamenti, che cattura il lettore dall’inizio alla fine.

Appena sotto questo livello, ma comunque molto ben costruiti, sono il monaco Enim, Carl-Orso, e il mago Russ (inseriti nell’ordine di resa letteraria). Il monaco in particolare è stato una sorpresa inaspettata, probabilmente perché al centro dei migliori colpi di scena che letteralmente stravolgono l’orizzonte degli eventi. La sua è forse la caratterizzazione più riuscita.

Molto sottotono sono invece i personaggi femminili.
Herabel e Quara sono infatti una il contrappunto dell’altra e risultando l’una sbilanciata in una direzione, la compagna la segue all’opposto, con uno squilibrio che le rende meno vive e credibili, specialmente al confronto con gli altri protagonisti.

Parlando a livello personale, proprio le due evlae sono le protagoniste dell’unica scena che chi scrive vorrebbe suggerire all’autore di rivedere. La scena del bosco, a nostro parere, è infatti squilibrata rispetto al resto del romanzo e non per l’argomento trattato, che per sua stessa natura richiede una crudezza non necessaria in altri momenti. Il problema risiede di più nella qualità della narrazione che suona molto più forzata in confronto al resto della storia. Come se le protagoniste non stessero davvero vivendo il momento e l’autore avesse voluto prendere le distanze dal suo stesso scritto.

A parte questa piccola défaillance, che riguarda in ogni caso solo una piccola parentesi, quella di Cattaneo è sicuramente un’opera di pregio. La scrittura è di livello superiore, con un buon senso del ritmo e una costruzione attenta e curata degli eventi.

Anche i momenti di riflessione, che scivolano a tratti in vere e proprie conversazioni filosofiche, invece di annoiare diventano gradevoli parentesi di meditazione che spingono il lettore all’approfondimento.

Le scene d’azione possono solo essere definite ottime, con un ritmo incalzante e la ricerca di soluzioni che si affidano più all’intelligenza che alla forza bruta (cosa che, come ormai saprete, è uno degli elementi più graditi in questa redazione).

Per quello che riguarda l’uso della magia, abbiamo apprezzato in modo particolare la logica stringente che la guida e che ha permesso all’autore di sconfinare in modo niente affatto artificioso nel regno della scienza e della manipolazione genetica.

La critica sociale presente nell’opera e le istantanee della natura umana a cui si dedica Cattaneo sono poi la ciliegina sulla torta.

Insomma, La Ballata di Herman il Bardo è un’opera che si presta decisamente a diversi livelli di lettura, che possono andare incontro sia ai gusti di chi cerca un fantasy “di fuga”, con il semplice scopo di passare qualche ora in una piacevole lettura, sia di chi cerca qualcosa di più “impegnato”, in grado di far riflettere e suscitare domande.

“LA BALLATA DI HERMAN IL BARDO” DI ERNESTO CATTANEO – RECENSIONE was last modified: Febbraio 14th, 2022 by Arianna Giancola
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