Home Recensioni “PERPETUAL LIFE ONE” ATTENTO A CIÒ CHE DESIDERI – RECENSIONE DEL ROMANZO BREVE DI LINDA TALATO

“PERPETUAL LIFE ONE” ATTENTO A CIÒ CHE DESIDERI – RECENSIONE DEL ROMANZO BREVE DI LINDA TALATO

written by Arianna Giancola Gennaio 18, 2022
Perpetual Life One - Talato - Copertina

Bentrovati amici di Universo Fantasy, siamo qui per presentarvi un’opera, uscita in libreria proprio oggi, intitolata Perpetual Life One, romanzo breve di Linda Talato edito da Delos Digital nella collana Dystopica.

Linda Talato, classe 1986, nasce nel padovano e si laurea in Scienze Politiche. Collabora con la rivista online Sugarpulp Magazine e ha pubblicato il racconto Alienazione, scritto a quattro mani con Vincenzo Romano, contenuto nella raccolta Oltre lo Specchio, patrocinato da Amnesty Italia e pubblicato dalla Dark Zone Edizioni.

In un futuro non troppo lontano, la tecnologia medica ha fatto passi da gigante e ha prodotto una medicina miracolosa in grado di dare corpo a uno dei più grandi sogni dell’umanità: la vita eterna.
Tra i perpetui della prima ora c’è anche Tamara Duerres, una donna di quarant’anni che vede nel tempo infinito la possibilità di reinventare se stessa ogni volta che lo desideri.
Ma il “per sempre”, nella realtà, non è tutto rose; “qualcosa” arriva a incrinare quelle che dovrebbero essere delle esistenze perfette e il giornalista Alfredo Rapalli dedica gran parte della sua vita a un’unica riflessione: cosa davvero rimane?

Il romanzo di Linda Talato è breve, una storia intensa raccontata in meno di cento pagine con una potenza narrativa che lascia stupiti. E rientra nella categoria dei racconti distopici sebbene, sulla base degli elementi che lo caratterizzano, chi scrive ritiene che sarebbe più giusto definirlo un romanzo psicologico.

L’ambientazione non è troppo futuristica (meno di un centinaio di anni ci dividono dagli eventi narrati) e solo pochi elementi, qualche vago accenno, ci fanno comprendere come il mondo sia andato avanti e si sia evoluto.

Tutta l’attenzione è concentrata sulle persone.

Gran parte del racconto è dedicato all’intervista condotta da Rapalli a Tamara Duerres, uno dei primi volontari su cui il farmaco Pe-Life-One è stato testato. E il ritratto che emerge di questa donna è qualcosa di profondo e stupefacente, uno specchio di desideri, paure e rimpianti (fin troppo comprensibili dal lettore) appena tenuti a bada dalla consapevolezza (o convinzione) che “non sarà mai troppo tardi”.

Tamara è una donna, abbastanza grande da aver già conosciuto l’amarezza e i limiti della vita. Eppure, attraverso le sue parole emerge un certo infantilismo che si aggrappa alla speranza del tempo infinito come un’ancora di salvezza, proprio come un bambino si aggrappa all’idea che gli adulti possano risolvere tutto.

Avere infinite possibilità, sapere di poter ricominciare sempre da capo (come nei videogiochi) è una tentazione irresistibile, come se potendo cambiare lavoro, conoscenze, luogo, si potessero in qualche modo cancellare le azioni passate, azzerare i dolori e i rimpianti, mettersi al sicuro dal terrore del cambiamento e della fine.

Forse non siamo noi a essere eterni. Forse le nostre emozioni lo sono.

Questo dice Rapalli all’inizio della storia, ma la nostra protagonista non è ancora pronta per sentirlo.
Se infatti cedesse a questa consapevolezza, si troverebbe a dover affrontare una realtà che non le consentirebbe più di andare avanti. E, allora, si scherma dietro la differenza tra lei, una perpetua, e lui, un comune mortale:

Ogni vita comprende degli avvenimenti, cose differenti… tra queste ci può essere anche la famiglia. Ma non è detto che i tuoi familiari di oggi siano gli stessi che avrai tra cento, duecento anni. E quindi anche i rapporti, per forza di cose, cambiano. […] Credo che alle sue orecchie suoni come qualcosa di orribile, ma per noi è normale.

Nel leggere questo passaggio, chi scrive si è ritrovato a pensare ad alcune battute di Rick & Morty, una serie animata di Adult Swim che negli ultimi anni è diventata molto famosa. Rick, il protagonista, è uno scienziato in grado di viaggiare tra le infinite versioni del suo mondo (il famoso concetto del Multiverso), nella maggior parte delle quali è presente non solo una sua versione, ma anche quella di sua figlia e dei suoi nipoti.

E se tutto è ripetibile, se tutto può avvenire migliaia di volte in migliaia di modi differenti, significa che nulla è unico, nulla importa davvero.

Mi sembra che il parallelismo sia abbastanza evidente, almeno quanto la struggente tristezza impregnata di rimpianto che emerge da questi concetti.

Rimpianto che si può riassumere in un’unica considerazione della protagonista:

Illudendosi di essere di nuovo giovane, quando in realtà era solo eterna

La Talato fa pronunciare alla sua protagonista delle verità profonde e scomode.
Consapevolezze da cui normalmente l’essere umano rifugge, perché ammetterle sarebbe come guardare in faccia il vuoto assoluto della verità.  

Il finale mi ha lasciato un buco dentro, uno strano miscuglio di bisogno di riflettere, approfondire e, al contempo, di rifugiarmi in una bella pubblicità di detersivi per ancorarmi nuovamente alla mia pratica e sicura realtà. E mi era successo solo dopo aver visto Train de vie, il film del 1998 diretto da Radu Mihăileanu.

Per concludere, non potrete leggere questo “racconto lungo” con superficialità, magari in pausa pranzo. Richiede impegno e dedizione. Ma chi avrà il coraggio di dedicargli il giusto tempo e gli permetterà di sfiorare quelle corde da cui di solito sta ben lontano, otterrà in cambio una più profonda conoscenza di se stesso. E, chissà, magari anche una nuova prospettiva.

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