Il 16 settembre è stato distribuito nelle sale cinematografiche Dune, l’ultimo film di Denis Villeneuve (Arrival, Blade Runner 2049), trasposizione della prima metà dell’omonimo romanzo scritto da Frank Herbert.
La storia segue il giovane Paul Atreides, figlio del duca Leto Atreides e di Lady Jessica, Bene Gesserit dalle straordinarie abilità. Il duca diventa feudatario del pianeta Arrakis, anche conosciuto come Dune, dal cui deserto proviene la Spezia (o Melange), sostanza fondamentale per i viaggi intergalattici e quindi di vitale importanza per l’impero. Le condizioni climatiche rendono il pianeta ostile e i nativi del luogo, noti come Freman, sono tutt’altro che amichevoli con gli stranieri. Ma la minaccia più grande per gli Atreides è rappresentata dagli Harkonnen, precedenti feudatari di Dune e intenzionati a riprendersi il pianeta più redditizio dell’impero.
LE ORIGINI
Il romanzo alla base del film di Villeneuve ha rappresentato un punto di svolta nella letteratura fantascientifica. Pubblicato nel 1965, ha vinto sia il Premio Nebula che il Premio Hugo, portando non solo all’innovazione del genere, ma finendo per influenzare in modo imprescindibile anche la sua controparte cinematografica: George Lucas ha ammesso che Star Wars non sarebbe mai esistito se non ci fosse stato Dune. Frank Herbert, infatti, è parte di quel movimento di artisti che porterà a una rivalutazione della space opera (o epica spaziale), sottogenere fino ad allora generalmente malvisto, ma che nei decenni successivi ci regalerà alcune delle serie sci-fi più famose di sempre. Questo collegamento, però, non dovrebbe relegare Dune a semplice “versione più matura di Star Wars”.
DESTINO, LIBERO ARBITRIO E SUGGESTIONE
Come molti film di fantascienza, anche Dune si sviluppa a partire dall’idea di Eletto, di Messia: una figura mistica che il mondo intero aspetta per ottenere, finalmente, l’agognata libertà dal tiranno. Nel film di Villeneuve, però, questa massima figura di potere, l’imperatore, è invisibile, irraggiungibile. Tutto le sue decisioni sono filtrate dalle parole ridondanti di araldi, celate da informi abiti cerimoniali e fatte rispettare da nobili come gli Harkonnen che, per dirla con le parole di Gurney Halleck, “non sono umani, sono bruti”.
A differenza di molti film di fantascienza, in Dune è il potere che può essere definito alieno, nel senso più dispregiativo del termine: è lontano dalle persone e anche dallo spettatore. Gli Harkonnen sono la perfetta esemplificazione di questo divario con ciò che è umano, e di conseguenza naturale, che il potere crea.
Caladan, il pianeta di origine degli Atreides, onesti e benevoli, è verde e rigoglioso, lambito dal mare e sferzato dal vento. Giedi Primo, pianeta natale degli Harkonnen, invece è mostrato da Villeneuve come l’apice dell’artificialità e coloro che vi risiedono si collocano sul perturbante confine tra umano e meccanico, con l’apice raggiunto nel momento in cui il barone, ferito, sembra essere curato in un bagno di petrolio.
Paul Atreides sembra la persona perfetta per sovvertire il sistema, ma nell’universo di Herbert il Kwisatz Haderach non è un prescelto dal caso, ma dalle circostanze. La sorellanza delle Bene Gesserit ha operato per tempo immemore una selezione genetica, tramite una serie di accoppiamenti programmati, che avrebbe portato alla nascita di questo Messia.
Ma Villeneuve chiarisce allo spettatore sin dall’inizio che anche queste donne, apparentemente irreprensibili, perseguono i loro scopi e non sono semplicemente punti di contatto con un potere superiore. Il Kwisatz Haderachè quindi prescelto da chi? Ed è davvero il risultato della genetica che fa il suo corso o è tale soltanto perché Lady Jessica e le Bene Gesserit hanno piantato il seme della suggestione nell’universo? Paul è l’Eletto a dispetto del libero arbitrio, che quindi gli è stato strappato via ancor prima della sua nascita, o sono le sue esperienze ad averlo portato dov’è?
EREDITÀ E FORMAZIONE
Villeneuve non fornisce una risposta a questi quesiti nella prima parte dell’adattamento di Dune, ma mostra un Paul totalmente conscio delle ripercussioni che la manipolazione delle Bene Gesserit, e per estensione di sua madre, avranno sull’universo: nel caso decidesse di abbracciare il destino di Eletto non si limiterà a sconfiggere il cattivo e creare un nuovo status quo, ma darà inizio a una guerra santa sotto la bandiera degli Atreides, che getterà l’impero nel caos. Accetterebbe di reiterare il sistema di mistificazione che si è propagato a partire dalla sua nascita e di cui lui è stato vittima inconsapevole, vanificando tutto il suo percorso di crescita personale.
Il film rende questa eventualità ancora più avvilente, perché sottolinea di continuo come Paul sia cresciuto assimilando tutto il possibile da coloro che gli sono intorno. Il giovane Atreides inizierà il suo primo vero combattimento con il gesto di saluto del suo mentore e amico Duncan Idaho che, insieme a Gurney Halleck, lo ha addestrato su Caladan; nel momento del bisogno pilota il suo ornitottero con la stessa maestria del padre Leto, rendendo palpabile il legame con il genitore senza il bisogno di alcun dialogo.
In fondo, anche il rapporto con la madre Jessica, con cui si allena nell’utilizzo della Voce alla maniera delle Bene Gesserit, è fatto di sguardi e di segni, più che di parole. Ed è chiaro che sia Lady Jessica che il Duca Leto cercano di preparare Paul a prendersi carico di un’eredità che temono sia troppo greve per lui e che rischia di schiacciarlo: l’anello di casa Atreides, che il capo famiglia porta al dito, è un macigno, un simbolo sotto cui unirsi, ma anche una condanna a morte e i poteri delle Bene Gesserit hanno un caro prezzo.
In Dune di Villeneuve, l’eredità lasciata al protagonista fa paura e riguarda contemporaneamente sia le aspettative da mantenere, concetto classico a tutta la filmografia del genere, ma anche il fatto che la sua portata sia destinata a sfuggire a qualsiasi controllo: non è il fallimento di Paul nello sconfiggere l’imperatore a inquietare lo spettatore, ma cosa dovrà fare per arrivare a quel punto e cosa succederà nel caso vincesse. Quale Messia ha mai perso la sua integrità?
Fine prima parte.