Racconto di Francesco Lodato
Il canto risuona sottoterra, riecheggiando tra le pareti della miniera accompagnato dal suono ritmico dei picconi contro la roccia.
Dungar Rocciaguzza sorride felice osservando la propria famiglia lavorare senza sosta, scavando nelle profondità, sempre più giù, fin nel cuore della montagna. Le enormi ricchezze del Monte Eterno saranno loro e questo accrescerà il prestigio del Clan.
I nani, bassi, tozzi e robusti scavano senza mai fermarsi, instancabili e inflessibili perché apprezzano la fatica e il lavoro delle mani. Non si lamentano, come gli orchi o gli umani, perché sanno che le ricchezze estratte dalla roccia oggi, permetteranno alle famiglie di mangiare domani. È così da sempre e lo sarà per sempre. Non ci sono compromessi, la vita di un nano è composta parimenti di onore, fatica e amore. Dungar lo ha accettato quando era un barba-corta e lo ha insegnato a tutti i giovani del suo clan.
I nani amano tre cose: la buona birra, i metalli preziosi e la propria famiglia. La loro razza è abituata alle difficoltà e un vero abitante dei monti non si lamenta per le inezie, almeno non in pubblico e comunque mai al di fuori del focolare domestico o della sala comune della roccaforte. Per questo nessuno ha detto niente quando le vecchie lanterne sono state sostituite dalle luminose rocce violacee che costellano il soffitto della miniera, che crescono diffondendosi lungo i tunnel e gettano una luce sinistra e fredda su ciascuno di loro. Ma poco importa, non sarà certo l’illuminazione a impedire che gli scavi proseguano, soprattutto adesso che una nuova vena di puro argento è stata scoperta nella parte nord-orientale della miniera. Metallo puro, che pare lavorato come fosse già incantato e che frutterà moltissimo ai Rocciaguzza, quando lo rivenderanno ai Signori delle Rune.
Il canto prosegue, ritmico, inesorabile come lo scorrere del tempo e con altrettanta ineluttabilità; i minatori lavorano, alla ricerca dei segreti nascosti nelle viscere della terra.
Alcuni dicono sia pericoloso scendere così in profondità, che sarebbe meglio lasciare in pace la madre terra, ma sono le parole di chi non possiede il fiuto per gli affari. Il suo clan è stato il primo a scendere sotto le radici delle montagne e questo li ha resi ricchi e invidiati. In questo modo hanno scoperto i cristalli viola, trovando un metodo più economico e sicuro per illuminare le gallerie. Grazie a questo coraggio, da alcuni definito stupidamente come “cieca bramosia”, il canto del suo clan risuona perpetuo tra le gallerie e i cunicoli sotto il monte eterno.
***
Le sentinelle, appena fuori dalle camere sigillate della miniera infestata, rabbrividiscono.
Ogni volta che il canto ricomincia, una sensazione di gelo artiglia le loro anime. La pietra viola, l’essere parassita che ha intrappolato gli spiriti dei minatori in un ciclo eterno, ha ancora fame. Dopo avere rapito le anime dei lavoratori, adesso cerca altri nani da intrappolare per sempre, altra energia di cui nutrirsi. Se non fosse per i simboli runici che ne limitano il potere, la cosiddetta maledizione del monte eterno sarebbe libera di spargersi attraverso i pendii montani, ma per fortuna niente può scalfire i sigilli d’argento incisi nelle pareti di roccia dai Signori delle Rune…
1 comment
Con i tuoi racconti riesco sempre ad entrare nel mondo di cui si sta parlando. Il modo dettagliato in cui vengono descritti gli scenari rende possibile un’immersione a 360°. È stato come essere all’interno di quella montagna dove riecheggia incessante un canto perpetuo, scandito, di volta in volta, il rumore dei picconi sulla roccia. Splendido ed un pizzico inquietante. Lo adoro!