Bentrovati, amanti del fantasy.
Oggi torniamo a vivere l’avventura di Giada, giovane aspirante guardiana protagonista di La Altopiano dei Magius, secondo volume di Le Cronache di Giada, nata dalla pena di Elisa Cavezzan.
Di L’Altopiano dei Draghi, primo volume della saga e suo romanzo d’esordio, abbiamo già parlato in precedenza in questa recensione. Entrambi i capitoli sono pubblicati dalla Argento Vivo Edizioni.
Elisa Cavezzan, classe 1990, vive nel trevigiano ed è una grande appassionata di fantasy. Ritrovatasi, a causa delle circostanze, senza un lavoro fisso, ha deciso di provare a realizzare un suo antico sogno: scrivere un romanzo seguendo le orme di Tolkien, Paolini e della Clare.
Dopo che Shaila, il guardiano dei draghi, le ha rivelato le sue origini, la coraggiosa Giada ha dovuto abbandonare il suo amato altopiano e la sua famiglia di draghi per compiere il suo destino: riuscire a diventare il guardiano degli umani e dare una nuova possibilità di esistenza a questo popolo.
Il distacco è stato doloroso, soprattutto perché ha dovuto lasciarsi alle spalle l’amato fratello Sheed e Kice, il suo migliore amico.
Ma la vicinanza della draghessa e, soprattutto, l’affetto del suo cucciolo, il tenero Ruff, la spronano ad affrontare con coraggio la prossima sfida: la permanenza nella terra dei Magius.
Il loro guardiano, Milith, modifica magicamente il suo aspetto, affinché possa essere più facilmente accettata, ma le loro usanze e il loro stile di vita sono talmente differenti da quelli a cui la ragazza è abituata che le cose, per lei, non saranno affatto semplici.
Giada potrà però fare affidamento sulla sua intelligenza, determinazione e sul suo grande cuore per affrontare ogni evento. E proprio grazie a queste sue virtù stringerà delle durature amicizie con Hikari, Ramos, Sirak e Taras.
Tutto sembra procedere nel migliore di modi, ma un nuovo nemico si nasconde nell’ombra tessendo le sue trame di distruzione.
Elisa Cavezzan ci trasporta in un mondo nuovo, in tutto e per tutto differente dal dominio selvaggio e variopinto dei draghi.
La terra in cui vivono i magius è un’unica, grandissima piana dove tutto il necessario, anche il cibo, è a portata di mano. Questa è una condizione necessaria, perché la vita di questo popolo è interamente dedicata allo studio e al miglioramento delle proprie capacità, tanto che anche la visione comunitaria è quasi completamente scomparsa, a vantaggio dell’ambizione del singolo.
Persino i sentimenti sono banditi o, meglio, soppressi.
L’arrivo di Giada, tuttavia, genera una sorta di piccolo terremoto, dimostrando agli abitanti come sia possibile essere un grande e potente mago e, allo stesso tempo, coltivare sentimenti di affetto, amicizia e solidarietà.
Come già nel primo volume, la scelta dell’autrice di “limitare” lo spazio fisico degli eventi si rivela una scelta vincente. Permettendo al lettore di esplorare con calma quel mondo, arrivando a conoscerlo quasi come la protagonista, gli permette infatti di viverlo con un’intensità inusuale e appagante e di poter godere con maggiore consapevolezza di tutti i piccoli dettagli fantastici che lo compongono.
La maggior parte delle creature con cui Giada deve confrontarsi, le sentinelle dei templi, in particolare, non sono eccessivamente originali, ma grazie allo stile dell’autrice riescono a prendere vita, emergendo dalle pagine del romanzo con delle tinte decise e affascinanti.
La stessa bravura è dimostrata nella rappresentazione del popolo dei magius, nel suo insieme, e delle loro caratteristiche peculiari.
La protagonista, e il lettore insieme a lei, si trova catapultata in un mondo in cui i rapporti interpersonali sono freddi e distaccati, facendole sentire più acutamente la separazione dal suo passato.
Il personaggio di Milith, in particolare, risulta sotto questo punto di vista perfettamente costruito. Il vecchio ha una caratterizzazione perfetta, dai tratti definiti con accuratezza e una tridimensionalità psicologica completa dovuta, probabilmente, all’approfondimento della sua storia.
Lo stesso si può dire anche di Sirak e Taras per quanto rispetto al magius guardiano la loro parte possa definirsi più marginale.
I personaggi di Hikari e Ramos, invece, vengono trattati in modo più superficiale tendendo spesso alla bidimensionalità. Ed è un peccato, perché in quanto così vicini a Giada, e influenzati dal suo diverso modo di percepire il mondo, il loro approfondimento psicologico avrebbe arricchito questo romanzo in modo consistente.
Nonostante ci sia ancora la presenza di qualche piccola defaillance nella trama, l’equilibrio generale della storia è meglio bilanciato, e l’intreccio comincia ad assumere dei tratti avvincenti, complice l’inserimento di un “nemico nell’ombra”.
Anche lo stile è nettamente migliorato, rispetto al primo volume.
Elisa Cavezzan ha abbandonato le ingenuità dell’esordio, che tendevano all’idealizzazione di alcuni aspetti della vita e alla semplificazione eccessiva di altri, trovando finalmente una propria tecnica narrativa, libera dall’influenza dei “grandi” letterari.
Pur mantenendo un linguaggio semplice, diretto e fresco, la sua scrittura ha subito un’evoluzione invidiabile che le permette di descrivere in modo convincente mondi tanto lontani da quelli del primo romanzo.
Sia per lo stile che per la storia riteniamo che i suoi lettori ideali siano ancora i più giovani, ma anche molti adulti, superate le prime diffidenze, potrebbero imparare ad apprezzarla.
E nell’attesa del terzo volume, possiamo solo dare a Elisa il nostro miglior in bocca al lupo!