Racconto di Francesco Lodato
L’ululato del lupo riecheggia nella fredda notte di mezzo inverno.
Le sentinelle si rannicchiano intorno al fuoco in cerca di calore, restando all’ombra dei carri coperti, in tutto una dozzina, che compongono la piccola carovana. I guardacaccia della famiglia Orpath ascoltano i rumori della campagna circostante restando in silenzio, rannicchiandosi nelle pesanti coperte invernali. Sanno che sarà una notte lunga e pericolosa, ma nessuno pensa di sottrarsi all’onore e all’onere del turno di guardia. Non hanno la robustezza dei nani o la forza degli orchi, tantomeno la loro altezza, ma questo non vuol dire siano dei codardi o degli indifesi. Nella loro razza pochi superano il metro e dieci e, nella maggior parte dei casi, sono solo gli atleti o i guerrieri a raggiungere tale statura, quindici centimetri sopra la media, sufficiente per lottare contro diversi predatori.
All’interno della propria casa su ruote, l’anziana Norbet tiene ancora la luce accesa. La lanterna a olio illumina l’interno invaso dalle cianfrusaglie. Seduta al tavolo, agganciato alla parete interna del carro, la piccolissima donna dai lunghi capelli bianchi resta concentrata sulle monete disposte davanti a lei. Ha fatto girare i piccoli dischi metallici, seguendone il movimento e soprattutto la caduta, seguendo gli schemi dell’arte divinatoria tipica del suo popolo, una disciplina molto simile a quella che gli umani praticano attraverso la lettura delle carte. L’anziana ha visto molte lune e letto innumerevoli destini, ma ciò che sta vedendo adesso la turba profondamente, soprattutto quando realizza, dopo qualche attimo, che la sua predizione si sta già avverando: i lupi giungeranno a breve dalla notte più nera per divorare il bestiame e poi si accaniranno sugli occupanti dei carri.
Esiste un solo modo per evitare che accada, ma deve muoversi in fretta e a discapito della propria sicurezza. Pur conscia delle possibili conseguenze, la vecchia scatta in piedi sulle gambe corte e tozze, indossando una pesante vestaglia di pelliccia. Prende con sé la lampada e corre fuori, restando paralizzata dal gelo della notte che le mozza il respiro.
Annaspa con il cuore che fatica a battere, ma il dolore al petto non basta a farla desistere. Rantolando per la fatica, si dirige verso i recinti del bestiame, conscia che i lupi sono sempre più vicini. Il terreno ghiacciato rallenta la sua marcia permettendole di ascoltare il buio: denti aguzzi e artigli affilati sono già calati sulle pecore, un turbine di ferocia dal quale non c’è scampo. Le sentinelle non hanno avuto neanche il tempo di gridare e lei prega in silenzio per le loro anime mentre corre con tutte le sue forze.
Senza esitare, apre i recinti delle capre e delle piccole mucche allevate dalla sua gente per farle scappare, affinché si disperdano nella notte. Ha salvato la sua gente, lo sa perché la premonizione scompare dalla sua mente, sostituita da quella avuta da bambina. Ha sempre saputo che questo momento sarebbe arrivato, per questo sorride quando i lupi l’attaccano. È un momento. Poi il destino si compie e la lanterna scivola sul terreno gelato e la sua fiamma si estingue.