Bentrovati amici di Universo Fantasy.
Oggi vi presentiamo l’opera d’esordio di un autore molto promettente: Noan, il Re dei Banditi di Antonio La Vecchia.
Classe 1981, Antonio nasce a San Giorgio a Cremano in una famiglia operaia molto unita. Si laurea in Scienze Politiche alla Federico II di Napoli e lavora, oggi, in una società di consulenza informatica. Ama la storia, soprattutto dal punto di vista dei Vinti, e la letteratura sia classica che di genere. Noan, il Re dei Banditi è il suo primo romanzo, autopubblicato.
Terra Ardente è un regno dominato da re Frido, che ne affida il controllo a pochi, potenti signorotti che vessano il popolo con tasse e angherie.
Noan è un giovane e povero cacciatore. Di ritorno da una battuta, trova la sua famiglia massacrata e la sua casa distrutta dagli sgherri di Lord Arcrom.
Devastato dalla rabbia e dal dolore, li uccide senza pietà e, in seguito, viene catturato come fuorilegge. Dopo una fuga rocambolesca, non può fare a meno di lasciare la sua terra e decide, quindi, di andare in cerca del Rosso, un condottiero al servizio del regno di Fiume che si dice combatta per liberare i popoli dal giogo dei tiranni.
Tra intrecci politici, tradimenti, orchi streghe e grandi palazzi, il nostro eroe metterà in gioco la sua vita, per portare Terra Ardente a un domani migliore.
Il mondo creato da Antonio La Vecchia è un mondo vasto e articolato.
Il territorio mostra paesaggi variegati e sorprendenti, che vanno dalle grandi città e dai ricchi manieri alle foreste oscure, dai piccoli villaggi alle pendici di monti e vulcani.
La divisione geopolitica rivela la presenza di tre regni, che saranno teatro principale della storia: Terra Ardente, luogo di nascita di Noan, Fiume ed Eternia, il regno guidato dai sacerdoti guerrieri dell’Eterno. Oltre a questi, poi, l’autore suggerisce che esistono anche altri domini, sia Aldiquadeimari che Aldilàdeimari, domini più grandi e potenti che, in qualche modo, influenzano le scelte dei sovrani coinvolti nel racconto.
L’ambientazione si presenta, quindi, complessa e piena di spunti e viene tratteggiata con poche, efficaci descrizioni di grande impatto, tra le quali spiccano quelle di alcuni luoghi realmente esistenti.
Il romanzo è ricco di personaggi, tanto che a volte si fatica un po’ a ricollocare ognuno nella propria terra di appartenenza. Tuttavia, ciascuno di loro ricopre un ruolo indispensabile nella rappresentazione, che risulterebbe estremamente impoverita dalla mancanza di anche uno solo di essi.
Abbiamo apprezzato in modo particolare la figura di Pueblo il Rosso.
Grande guerriero dai grandi ideali, spirito indomito e libero, metà soldato e metà pirata, la fama che lo circonda rimanda inevitabilmente il pensiero del lettore a Giuseppe Garibaldi, l’Eroe dei due Mondi del Risorgimento Italiano.
Anche la figura del generale Loris è davvero apprezzabile per quanto, forse, un po’ stereotipata. Freddo, calcolatore e senza scrupoli è, allo stesso tempo, un bullo e il soldato perfetto. Con una considerazione smisurata delle proprie capacità e una vera avversione per la fama e gli ideali del Rosso, è la perfetta calamita per l’antipatia del lettore che, distratto dalla sua così roboante cattiveria, non riesce a cogliere il significato di molti degli eventi che lo coinvolgono.
Per quanto riguarda la storia, invece, l’intreccio politico e la trama di inganni e di mezze verità tessuta dai personaggi sono, probabilmente, gli elementi più apprezzabili e cardine intorno a cui ruota l’intera vicenda.
Insomma, si tratta di un romanzo dalle grandissime potenzialità, sia per la trama che per i personaggi ma che, tuttavia, risente fortemente dell’inesperienza dell’autore.
Per quanto la storia sia, di fatto, ben costruita, l’elemento che principalmente disturba è una certa superficialità che coinvolge sia gli eventi che i protagonisti.
L’intero arco narrativo si svolge con una rapidità eccessiva – si tratta, infatti, di un romanzo abbastanza breve – laddove uno spazio maggiore avrebbe consentito all’autore di seminare indizi sulle trame politiche sotterranee con cura più attenta, e al lettore di riassemblare a poco a poco i pezzi del puzzle politico senza trovarsi davanti a stravolgimenti improvvisi e poco calibrati.
Lo stesso problema riguarda anche i personaggi. I rapporti interpersonali, gli ideali e le convinzioni di ognuno di loro subiscono cambiamenti repentini che lasciano perplessi, con tormenti interiori che vengono descritti e raccontati ma non vissuti dal lettore.
Il rapporto tra Noan, Itala e Anil ne è un esempio perfetto.
L’autore spiega quanto ognuno di loro sia tormentato dal rimorso, dalla rabbia e dalla passione ma non lo mostra. I loro legami cambiano da un momento all’altro, senza che al lettore sia dato il tempo di sospettare qualcosa o di porsi delle domande.
In questo, come in altri casi, un uso più accurato del cosiddetto Show dont’t tell avrebbe contribuito a rendere gli eventi più immersivi ed emotivamente partecipati da parte del lettore.
Allo stesso modo viene gestita l’uscita di scena di Pueblo. Inevitabile e necessaria, certo, ma talmente frettolosa e imprevista da assomigliare più a una fuga che, per di più, lascia in sospeso delle questioni di fondamentale importanza.
Ancora una volta, concedendo maggiore spazio alla scrittura si sarebbe potuto ottenere un risultato più coinvolgente.
Di contro, il finale è davvero buono, inaspettato e originale, rispetto ai soliti fantasy.
È, inoltre, particolarmente interessante il fatto che ci siano, allo stesso tempo, sia una chiusura definitiva che ampi margini per l’elaborazione di un seguito che risponda alle domande lasciate in sospeso dal testo.
Insomma, per concludere, Noan, il Re dei Banditi è un romanzo dalle ampie possibilità e dagli spunti interessanti e originali che ha però bisogno, per esprimere il suo vero potenziale, di una seria opera di revisione – e correzione – che riesca a intervenire sulle problematiche strutturali.