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Ammetto di essere stato imprudente. Avrei dovuto immaginare che il principe demente avesse un asso nella manica. Affrontarlo senza un piano è stata una mossa stupida, perché quando non è vittima dei propri deliri di onnidemenza, Alrhan Il Matto resta comunque un genio tattico. Osservandolo rialzarsi, a dispetto delle ferite subite dopo essere stato impalato su una rastrelliera di picche, improvvisamente capisco cosa provano le mie vittime quando faccio la stessa cosa.
Sono stato sbudellato, impalato, squartato, pugnalato, trafitto, infilzato e schiacciato, ma solo adesso comprendo il misto di stupore, orrore e fastidio che si prova quando un avversario non muore.
Certo, anche la mia detestabile sorella è difficile da uccidere, eppure vederla guarire dalle ferite più terribili non mi ha mai infastidito così tanto.
Proprio per questo, ritengo sia più probabile che mi senta così perché nella colluttazione con Alrhan ho perso la bisaccia con i pistacchi.
Appena eliminato il principe idiota devo assolutamente rubarne degli altri, quindi devo capire in fretta come ucciderlo.
«Traditore due volte. I miei complimenti, caro principe imbecille. A chi hai venduto l’anima per riavere un briciolo di potere?»
Mentre lo chiedo riesco già a immaginare un paio di concrete possibilità, dalla Viverna, che domina la regione abitata dagli Hurd, alla Manticora dei Picchi Neri, passando per l’oscura protettrice della cittadella oscura.
«Già che ci siamo, vorresti anche ti svelassi il mio piano malvagio per liberare Naler dal giogo dell’Idra?»
Come io provoco lui, il principe fa altrettanto con me… e la cosa mi piace moltissimo. Adoro giocare con altra gente pazza ma ammetto anche che, in questo momento, uno spiegone da cattivo sarebbe davvero utile per capire cosa fare.
«Sangue acido, capacità di guarigione e la lancia brandita usando le tecniche celenariane…» analizzo le sue abilità ad alta voce, ridendo per nascondere la paura che mi attanaglia le viscere mentre realizzo con cosa ho a che fare. Purtroppo, sembra i miei timori traspaiono chiaramente dall’espressione del mio volto, provocando la reazione divertita del principe idiota. Alrhan si sgranchisce, ridendo mentre dalle ferite aperte gronda una sostanza dall’odore intenso e un colore ambrato che sfrigola sinistramente a contatto con il terreno.
«Continua» mi esorta il rinnegato, quasi godendo per essere stato scoperto.
«… usate anche dalle Ombre della Luna Oscura: dalla congrega di Eredi della Lamia» concludo, chiedendomi come sia possibile una cosa del genere. Sarà anche un uomo affascinate e follemente carismatico, ma il rinnegato tutto sembra meno che una cupida ancella nera dalla pelle d’alabastro.
«Ciò che stava per funzionare su Aleia si è rivelato efficace anche su altre portatrici.»
Lo dice ghignando sinistramente e questo mi fa accapponare la pelle per il disgusto.
«Quindi hai sedotto e derubato del suo potere la legittima portatrice di un potere che non ti appartiene, esattamente come hai cercato di fare con mia sorella.»
«Per tua sfortuna, la verità è molto peggiore di quanto immagini, ragazzino» sibila minaccioso il rinnegato, disturbato, forse, dal mio puntualizzare il suo più grande fallimento.
Un brivido mi corre lungo la schiena, pensando a quello che Alrhan possa aver fatto alla legittima Erede della Lamia, ma i miei pensieri vengono distratti dalle urla terrorizzate provenienti dal campo del torneo: mia sorella deve aver raggiunto i pretendenti e questo vuol dire il mio tempo sta per scadere.
«Suppongo che la sanguisuga sia rimasta colpita dal tuo gesto, per non averti prosciugato all’istante.»
«Come l’Idra, apprezza coloro che prendono in mano il proprio destino. La mia nuova signora tiene in grande considerazione chi è disposto a tutto per vendicare un torto subito.»
L’istinto mi suggerisce che sta mentendo. Probabilmente c’è sotto qualcosa di diverso, e forse peggiore, ma adesso non ho il tempo di preoccuparmene. Non ho modo di sapere se davvero Alrhan Alpherd abbia fatto ciò che afferma ma, in qualsiasi modo abbia ottenuto i suoi nuovi doni, ha dato prova di essere decisamente più pazzo e pericoloso di me.
Nonostante questo, devo comunque trovare un modo per impossessarmi del bracciale con cui controlla la legittima Erede dell’Idra.
«Alla luce degli ultimi accadimenti, e prima che per te sia troppo tardi, ti propongo di rivedere la tua posizione: unisciti a me e sottomettiti spontaneamente, come ha fatto Aleia.»
Me lo chiede con il solito sorriso imbecille stampato in faccia, lo stesso che due anni fa fece cadere mia sorella tra le sue braccia.
Davvero pensa che possa unirmi a lui? Io sarò anche un assassino, ma lui è un macellaio!
«Sei diventato stupido o stai solo cercando di guadagnare tempo?»
Mi rendo conto di non dover sottovalutare nuovamente l’intelligenza malata e perversa dell’Erede rinnegato, ma questa sua visione distorta della realtà mi fa impazzire: «In ogni caso, se droghi qualcuno per piegarlo al tuo volere con un marchio arcano mentre è svenuto, NON VUOL DIRE CHE QUELLA PERSONA SIA CONSENZIENTE!» Lo urlo per farlo arrabbiare, dimenticando per un attimo che questo pazzo ha a disposizione le abilità di una creatura estremamente pericolosa.
«Avete già perso. Qualsiasi cosa tu faccia, il patto verrà infranto e Naler sarà libera dal controllo dell’Idra, pronta per dissolversi nella polvere o unirsi al nuovo potere.»
«Seriamente? Sbaglio o l’ultima volta che ci siamo incontrati volevi a ogni costo il potere delle cinque teste? Hai perfino cercato di sottrarlo ad Aleia… e ora vuoi mandare al diavolo la lucertola?»
«Io desideravo che tua sorella capisse, che si unisse a me di sua spontanea volontà. Avrei voluto averla per sempre al mio fianco, ma tu hai rovinato tutto avvelenando la sua mente con il seme del dubbio. È colpa tua se l’ho persa!»
Ascoltandolo blaterare, mi domando se Alrhan sia davvero uscito di testa. Non riesco a capire quanto sia convinto di quello che dice. È possibile che non ricordi di avere cercato, dopo averla ingannata per mesi, di strappare letteralmente il cuore dal petto di mia sorella?
«Penso che tu stia mentendo a te stesso» dico, cercando ancora di provocarlo, sfruttando il fatto che il principe idiota mi sta lasciando parlare, esattamente come io sto facendo con lui.
Siamo in una situazione di stallo, ma il tempo gioca a suo vantaggio e, come se non bastasse, io devo anche tenere d’occhio i mercenari Hurd riuniti intorno a me. Forse, attaccandomi tutti insieme lui e i suoi sgherri potrebbero riuscire a sopraffarmi; invece continuano tutti a tergiversare. Cosa stanno aspettando? Da parte dei selvaggi, barbari Hurd mi aspettavo un attacco sconsiderato, invece sembra stiano seguendo diligentemente i cenni del loro padrone che, come me, attende il momento giusto per attaccare.
«Tu non capisci! Non hai idea di cosa stia accadendo fuori dai confini di Naler!»
Lo dice fissandomi negli occhi, forse sperando mi sfugga il gesto della mano che rivolge ai suoi numerosi complici che, abbandonando le divise shujane, rivelano finalmente la loro identità.
Suppongo sia arrivato il momento della verità, quindi serro le mani sull’impugnatura dei pugnali e, piegandomi leggermente sulle ginocchia, sposto indietro il baricentro preparandomi a scattare.
Con mia grande sorpresa, però, l’orda non attacca ma scivola indietro scomparendo tra le tende e dirigendosi, probabilmente, verso il campo del torneo.
Non avevo previsto uno sviluppo simile. Perché mandare all’attacco anche i mercenari? Purtroppo, prima di poter analizzare il problema, fruste di magia verde scuro saettano verso di me, obbligandomi a focalizzare la mia attenzione sulla minaccia incombente. Per fortuna i sensi dell’Idra mi hanno avvertito del pericolo e gli occhi da rettile mi permettono di distinguere chiaramente gli attacchi delle lingue di pura magia che sferzano l’aria. Per questo riesco a evitare la maggior parte dei colpi sferrati dalle quattro incantatrici shujane rimaste accanto al rinnegato.
Schivo rotolando di lato sul terreno e rialzandomi in un istante, ma pur muovendomi con rapidità non riesco a evitarle tutte. Uno dei loro attacchi riesce a sfiorami, aprendo un solco sanguinolento nella gamba che, con mio grande stupore, guarisce molto più lentamente del normale.
Conosco la magia degli Shuja: l’ho provata sulla mia pelle parecchie volte e questa non è la sensazione che ricordo. Percepisco chiaramente che non è la forza vitale di Naler ad alimentare i loro incantesimi, ma qualcosa di molto più oscuro e perverso.
Il tempo scorre, obbligandomi a scegliere se restare qui e combattere o cercare di evitare il disastro e per un attimo resto interdetto, indeciso su cosa fare: salvare le Casate o liberare mia sorella?
Io preferirei uccidere Alrhan. Sarebbe di sicuro la cosa più divertente da fare ma, sfortunatamente, con Aleia sotto il controllo di questo idiota, mi ritrovo a essere l’unico Erede dell’Idra attualmente disponibile per rimettere le cose a posto. Non che questo mi esalti, ma al momento non mi sembra ci siano altre possibilità.
Mentre valuto la situazione, mi chiedo di sfuggita se il rettile avesse previsto la necessità di avere due Eredi, ma anche questa è una domanda per un altro momento. Ora devo fare il possibile per mandare all’aria i piani del principe imbecille in piedi davanti a me. Per farlo mi basta una sola parola: «Khalderam» che mormorata a denti stretti riempie improvvisamente Alrhan di puro terrore, concedendomi il tempo necessario per ricorrere alla più fastidiosa delle abilità concessemi dall’Idra.
Quando mordo qualcuno, al posto del veleno posso rilasciare nel sangue della vittima una parte del mio potere, che permane per qualche giorno permettendomi di conoscerne l’ubicazione e introdurmi nei suoi pensieri, a volte perfino di osservare il mondo attraverso i suoi occhi.
In questo caso ho bisogno che Darren Alpherd mi dia una mano e faccia quello che io non posso fare. Per questo impongo la mia volontà sulla sua. Sovrascrivere una mente senziente è difficile, ma per fortuna la volontà del terzo figlio di Alastan è abbastanza debole da crearmi pochi problemi. Mentre schivo con il corpo le fruste di energia arcana delle maghe, tengo gli occhi chiusi per imprimere nella mente del giovane conte la necessità di guidare le truppe della sua casata in soccorso dei pretendenti.
Sfrutto l’immagine degli Hurd per veicolare meglio il “suggerimento”, sorridendo quando percepisco la mente di Darren cedere al mio volere.
So come può sembrare, ma non sono stato io a metterlo fuori gioco nella sua tenda prima del torneo.
Ammetto che morderlo era stato un atto di puro piacere, visto che in quel momento nessuno di noi due indossava vestiti, ma questa è un’altra storia e, comunque, era successo prima.
Ma usare questo trucco, evitando al contempo gli attacchi delle incantatrici, mi ha richiesto troppa attenzione, il che ha permesso al rinnegato di avvicinarsi piantandomi la sua lancia in pieno petto.
Sento il cuore esplodermi ma mentre annaspo, agonizzante, riesco a sorridere, guardandolo negli occhi con aria di sfida.
«La paura è una cattiva consigliera…»
Lo dico sapendo perfettamente cosa sto rischiando, mentre ammiro il terrore sul volto del mio avversario.
«Se lo farai adesso… se userai il rituale di annullamento, morirai anche tu» ribatte lui un attimo prima che i miei pugnali si piantino nelle sue tempie, paralizzandolo.
Saremo anche difficili da uccidere, ma sentiamo tutto il dolore delle ferite che subiamo.
«Sei tu che hai voluto giocare con me a “chi è più pazzo?”» rispondo con un filo di voce, allungando la mano per strappargli il bracciale con cui Alrhan controlla mia sorella.
Continuo a fissarlo negli occhi, mentre entrambi camminiamo lungo la linea che separa la vita dalla morte, e ammetto con me stesso che il demente rinnegato ha ragione: oltre i confini di Naler si annidano minacce di cui molti ignorano l’esistenza.
Ma non io.
Dopo essere stato morso e scacciato dalla mia famiglia per ciò che ero diventato, passai diverse settimane a vagare, chiedendomi perché la creatura avesse trasformato sia me che Aleia.
Potevo capire perché avesse scelto mia sorella, ma non riuscivo a trovare una ragione che giustificasse la mia resurrezione. Avevo compreso il motivo di quella scelta solo l’anno precedente, arrivando a cambiare completamente la mia opinione sull’Idra e sulle sue azioni e passando dal considerarla una creatura stupida e priva di senno, al comprenderne la prudenza.
Quando il rettile ci morse, sia io che Aleia eravamo in punto di morte ma ho sempre avuto il vago ricordo che il protettore avesse usato due teste diverse per trasformarci, anche se non potevo averne la certezza.
Indubbiamente, la maledizione ha colpito me e mia sorella in maniera diversa, ricostruendoci ciascuno per scopi diversi.
Scoprii la verità su di noi, come sulle altre tre teste dell’Idra, solo dopo essermi introdotto nella grande biblioteca di Daridia, un monastero Celenariano sperduto tra i picchi neri. Mentre Aleia, manipolata vecchio re e diventava la campionessa del popolo, simbolo vivente del patto e mezzo per riunire le casate evitando lo scoppio di una pericolosa guerra civile, io vagavo per il regno scoprendo stralci di verità sulla nostra nuova natura. Khalderam, l’ultimo drago, è una creatura dimenticata dai più, la cui storia giaceva sepolta tra tonnellate di tomi polverosi. Era stato lui ad avere stipulato il patto con le creature che dominano Naler; un essere incapace di lasciare andare il mondo plasmato dai propri fratelli, che arrivò a concedere quel potere ad altre creature, non tutte meritevoli di ottenerlo. All’interno della biblioteca appresi dunque la storia di Arcania, dei suoi numerosi Eredi e dell’incombente minaccia che rischia di distruggerla. Studiai i volumi ammassati in quel luogo per giorni e vi trovai anche il rituale della sfida: un incantesimo creato affinché due Eredi, maledetti da creature diverse, potessero risolvere le proprie “controversie” senza mettere in pericolo il patto.
Lo so, se avesse funzionato su Aleia avrei potuto ucciderla molto tempo fa, ma purtroppo non sono stato così fortunato.
A dire il vero, non credevo mi sarebbe mai servito… almeno fino a oggi. Ma una volta privato del proprio manipolo di mercenari, è arrivato il momento di vedere quanto sia davvero abile il principe idiota. Per questo, strappo il bracciale dal suo polso e, respingendo il dolore che mi attraversa il corpo, recupero le mie armi, faccio tre passi indietro sfilandomi dal petto la sua lancia. Il mio corpo impiega troppo tempo a guarire, molto di più rispetto a quello di Alrhan che, recuperata la mobilità, mi carica spostando indietro il peso del busto per imprimere maggiore forza al colpo della sua lancia. Defletto il suo goffo e prevedibile attacco usando una delle mie lame dentellate e scaglio l’altra verso una delle streghe shujane, trapassandole la gola e uccidendola sul colpo.
Il Rinnegato mulina la propria arma urlando insulti carichi di una volgarità tale che farebbe arrossire un marinaio Udraeiano. Per fortuna, però, nutro una considerazione così bassa per miei defunti genitori, che riesco a ignorare facilmente le sue sciocche provocazioni.
L’ho davvero spaventato e mentre schivo i suoi fendenti colgo ancora la paura nei suoi occhi. Questo mi piace moltissimo: è letteralmente terrorizzato dall’idea che possa ricorrere all’incantesimo e mi chiedo perché. Alrhan non mi sembra il tipo da sentirsi un combattente inferiore a me, suppongo quindi che il suo timore riguardi il possesso di un dono rubato. Sarà divertente vedere cosa succederà, appena l’avrò pronunciato, ma prima di rinunciare ai miei di poteri, devo guarire del tutto ed eliminare le incantatrici rimanenti.
Le grida provenienti dal campo si fanno sempre più intense, accompagnate dal cozzare delle armi e dal fragore della battaglia. Ho sempre meno tempo per agire ma, prima di poter fare la mia mossa, scorgo, con la coda dell’occhio, la luce della gemma incastonata nel bracciale che stringo in mano affievolirsi.
La fragorosa risata di Alrhan conferma i miei timori e quando alzo lo sguardo verso il rinnegato, leggo il trionfo sul suo volto: «Ho vinto! Adesso io e tua sorella condividiamo molto più di un banale sentimento: il nostro destino è legato per…» prima che possa completare il suo discorso delirante, gli pianto un pugnale nella fronte, lasciando atterrite le sue streghe. Indubbiamente potrei usare il rituale adesso, in modo che la ferita risulti davvero mortale, ma sono ancora in svantaggio numerico. Per questo mi limito a proferire una serie di insulti contro Naler, Arcania, l’Idra, Aleia e perfino me stesso prima di correre via, lasciando il rinnegato alle cure delle proprie ancelle: io devo impedire che qualcun altro uccida mia sorella!
Quando raggiungo il campo del torneo resto meravigliato dalla carneficina causata dal piano del rinnegato.
Corpi di soldati Nalenariani e mercenari Hurd giacciono ovunque. Il campo è intriso di sangue e, mentre lo attraverso, istintivamente la mia attenzione viene attirata dal colore della bianca stele, divenuta ormai quasi interamente grigia.
Qualsiasi cosa sia successa, deve avere cambiato lo status del legame tra l’Idra e Naler, ma allora perché io non mi sento affatto diverso? La mia capacità mimetica funziona perfettamente, permettendomi di muovermi tra i drappelli sparpagliati di guardie prima di individuare la posizione di Aleia.
«Tu non andrai oltre!» grida il noioso Nikola Drobius, percependomi ovviamente grazie alla sua magia e lasciando visibilmente perplesso chi gli si trova vicino.
«Lì», il mago mi indica e Shir Sherasiph scocca prontamente, restando di sasso quando la sua freccia si blocca a mezz’aria.
Lasciando perdere la mimetizzazione, rivelo la mia presenza ai presenti, pronti a impugnare le armi mentre mi avvicino tenendo in mano il dardo con cui hanno cercato di uccidermi.
«Vattene, Erede! Altrimenti subirai lo stesso fato di tua sorella!»
Alle minacce dell’arciere rispondo ridendo di gusto e mentre continuo a camminare verso Aleia, sfoggio un sorriso sinistro.
«Siete sopravvissuti solo perché lei lo ha permesso. Se avesse ceduto completamente al controllo del marchio, adesso sareste tutti morti. Forse l’orgoglio vi porta a credere di averla sconfitta con le vostre sole forze… ma sapete perfettamente quale sia la verità.»
Lo dico superando il mago e l’arciere, dopo aver scostato con noncuranza la punta della lancia che Dalilah Dhanab mi puntava contro.
Ignorandoli tutti, raggiungo il corpo di Aleia riconoscendo la sostanza che ha bruciato il terreno accanto a lei: icore dell’Idra.
Anya e Darren Alpherd sono chini sul suo corpo, con la giovane alchimista intenta a rimuoverle il marchio dal petto.
Quando Ullia Udrae mi si para davanti, gli occhi della ragazza delle nebbie incrociano i miei e, per un attimo, noto qualcosa di interessante in quello sguardo: una comprensione che sfugge agli altri presenti.
«Sarà l’Idra a occuparsi di lei. Solo lei può giudicarne il tradimento.»
Lo dico cercando di non apparire minaccioso e noto con piacere la spadaccina dalla pelle grigia farsi da parte. Al mio incedere anche i rampolli della casata reale si fanno indietro. Forse Darren vorrebbe dire qualcosa, ma alla fine resta in silenzio, lasciandomi sollevare il corpo esanime di Aleia tra le braccia.
Nel silenzio più assoluto mi volto tornando sui miei passi, percependo i loro sguardi su di me.
«Assassino!» La voce della Dhanab mi spinge a fermami senza voltarmi.
«Troppa sofferenza gli Eredi hanno causato alle genti di Naler: da questo momento noi non siamo più il popolo dell’Idra! IL PATTO È INFRANTO!»
Nel sentire queste parole un brivido mi corre lungo la schiena. Con la coda dell’occhio percepisco la pietra della stele che inizia a sbriciolarsi, segno che il legame è realmente spezzato.
Dal canto mio non dico nulla, non servirebbe.
Riprendo semplicemente a camminare, limitandomi a ripristinare la magia mimetica che permette a me e Aleia di svanire, lasciando le casate dei sette pretendenti al loro funesto destino.
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