Pierluigi Cuccitto, classe ‘81, è laureato in Beni Culturali e Ricerca Storica. Appassionato di fantasy fin dagli otto anni, grazie ai libri di J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis, ha sviluppato un interesse per la lettura e la scrittura. Ha iniziato a scrivere alcuni brevi racconti nel 2005, culminati con la pubblicazione di una piccola fiaba fantasy, “Lo Specchio è oltre”, nel 2013, presso Sigismundus Editrice.
“Il ragazzo in ritardo”, edito da Tabula Fati nel 2017, è il suo primo romanzo, seguito da “Nandèra. Il ragazzo della profezia”, edito da Apollo edizioni nel 2019, primo volume di una trilogia dedicata alla Fiaba. Nel maggio 2020 è uscito il suo ultimo libro, “Racconti Disprassici”, edito da Dialoghi edizioni, con il quale affronta per la prima volta un disturbo con il quale convive, la Disprassia, ancora poco conosciuta nel nostro Paese.
Potete trovare la nostra recensione a “Nandèra. Il ragazzo della profezia” a questo link.
Due lauree, una grande passione per il genere fantasy, scrittore: chi è Pierluigi Cuccitto?
Ecco, bella domanda! Non conosciamo mai del tutto noi stessi, ma posso dire di essere una persona sempre in ricerca, avido di sapere sempre più cose del mondo attorno a me… E credo che questo per uno scrittore sia fondamentale: quella curiosità verso il mondo e il sapere è decisiva per avere la mente sempre fervida e la fantasia pronta ad attivarsi.
Hai da poco pubblicato “Racconti disprassici”, incentrato sulla realtà di ciò che comporta avere una grave compromissione dello sviluppo della coordinazione motoria che incide su ogni aspetto della vita quotidiana. Cosa vorresti che comprendessero i lettori? In particolare, a quali si rivolge?
Di base, i “Racconti Disprassici” si rivolgono proprio ai disprassici e alle loro famiglie, per aiutarli, attraverso l’esperienza di vita e i sentimenti di un disprassico, a capire meglio cosa ti provoca questo disturbo e, per quanto riguarda i genitori, a capire meglio i propri figli, che spesso fanno fatica ad accettare la disprassia, che molti sottovalutano. Ho cercato di parlare anche per chi ancora non trova le parole giuste per esprimere quello che si vive. Ma alla fine è un libro per tutti quelli che si sentono, spesso o ogni tanto, un po’ estranei in questo mondo frenetico: vorrei che i lettori potessero vedere che dietro le definizioni diagnostiche di un disturbo c’è una persona, che come tutti ha i suoi desideri e le sue emozioni, e sarei contento se, oltre a tutto questo, potessero apprezzare il valore della lentezza, che noi disprassici dobbiamo coltivare per imparare a gestirci nel mondo. Credo che il mondo abbia bisogno di lentezza, come non mai!
Hai scritto delle storie appassionanti. A quale tra tutte sei particolarmente legato? Perché?
Io sono cresciuto a pane e libri fantasy, quindi per me aver iniziato la trilogia di Nandèra è stata una grande gioia, ed è innegabile che “Nandèra. Il ragazzo della Profezia” sia il libro al quale sono più legato, perché mi ha permesso di scrivere fantasy tentando di riscoprire il mondo della Fiaba: a ogni angolo di strada c’è una sorpresa, e amo molto viaggiare per Nandèra. Ho incontrato e continuo a incontrare personaggi che mai avrei creduto di poter conoscere, e il fatto che sia io a crearli lo trovo davvero un dono, al quale mi affaccio con molto rispetto e gratitudine.
Quale è stata la difficoltà maggiore durante il tuo percorso di crescita come scrittore e quanto questo ti ha aiutato nell’affrontare la tua disprassia? Considerando che sei anche disgrafico (un Disturbo Specifico dell’Apprendimento) e hai difficoltà nella scrittura.
Beh¸ dato che la disprassia incide sulla visualizzazione spazio-temporale, ho trovato parecchia difficoltà, nelle mie prime storie, proprio a stendere un piano organizzativo della trama e a descrivere i paesaggi, le distanze, le forme delle cose: ho dovuto lavorarci molto su, e credo che il fantasy mi abbia aiutato molto in questo, perché ti permette di essere un sub-creatore del tuo Mondo Secondario – come direbbe Tolkien – ed è certamente più semplice inventare un mondo con la tua fantasia. Sono anche disgrafico e ricordo con terrore i miei primi scritti, tutti a mano… alla fine avevo dolori indicibili alla mano e non capivo nemmeno io cosa avessi scritto! Ringrazierò per sempre l’inventore del computer, lo ammetto.
Abbiamo avuto il piacere di recensire il primo volume della trilogia fantasy “Nandèra”: quando uscirà il seguito?
Anche io non vedo l’ora di farlo uscire, gli sono stato molto dietro e sono giunto alle ultime riletture, ma la storia è ben definita. I toni sono più cupi rispetto al primo libro, vedremo come sarà accolto! Ricordo bene e con affetto la vostra splendida recensione, e spero di soddisfarvi anche stavolta… Per quanto riguarda l’uscita, dato che i “Racconti Disprassici” non sono usciti nemmeno da un anno, credo che “Nandèra. I tre regni dell’Odio” vedrà la luce non prima di dicembre 2021, o i primi mesi del 2022… ma in fondo, ormai non manca molto!
Solitamente, uno scrittore narra delle proprie vicissitudini e sulla base delle proprie difficoltà crea dei personaggi fantastici. Quanto c’è di te in Joan, il giovane protagonista di “Nandèra”?
C’è parecchio di me in Joan: l’entusiasmo iniziale nell’intraprendere una strada, la mancanza di fiducia quando si accorge che forse si è gettato in un’impresa enorme, il non sapere da che parte cominciare ma poi sapersela cavare con l’ironia e la calma, la fretta che ti avvelena la vita – anche per questo Joan è nemico degli Efficienti, direi – e l’affetto per la gente “buffa” come Ariandra. Insomma, non sono Senza Timore come lui, ma un po’ gli assomiglio!
Sulla base delle problematicità legate alla disprassia e ai movimenti motori, quale personaggio con superpoteri e che esalta l’opposto delle tue difficoltà è il tuo preferito?
Il mio supereroe preferito è uno davvero sui generis: il Dottore! Chi guarda Doctor Who sarà d’accordo con me. Invidio molto la sua capacità manuale di assemblare oggetti, cose, armi in maniera assurda eppur geniale. Io con le mani faccio una tremenda fatica, per non parlare della guida (e sulla Terra nessuno ha la patente per il TARDIS!). Per fortuna, il Dottore ha qualità nelle quali un disprassico può riconoscersi: la memoria, l’intelligenza, la fantasia, l’autoironia… poi, da quando uno dei suoi compagni di viaggio è un personaggio disprassico, mi è entrato nel cuore in maniera definitiva!
Ci racconti un ricordo che ti ha emozionato durante la realizzazione di “Nandèra”?
Direi… l’inizio! Ero in Calabria, l’estate del 2017, sul Monte Reventino, con due amici; i boschi di quel monte mi sono entrati nel cuore in quella giornata e ho sentito la natura viva, davvero viva; camminando pensavo che fosse un bosco perfetto per strani esseri fatati. Sentivo che dovevo scriverci qualcosa, e infatti tornato a casa scrissi le prime pagine di Nandèra, che non riguardavano Joan, bensì la sua compagna Ariandra. Ogni volta che scrivo di Ariandra ripenso al Reventino e all’emozione di quel giorno.
Una domanda sul fantasy in generale, che è d’obbligo per chi ci segue: chi è il tuo scrittore fantasy preferito? Ed il libro fantasy senza cui non potresti mai vivere? Qualche autore fantasy ha influito sul tuo modo di scrivere e di pensare il fantasy?
Tripla risposta per un solo nome: Tolkien! Sembrerà banale, ma il professore di Oxford aveva una fantasia pura, che ti penetra nell’animo e se hai gli occhi aperti ed entusiasti verso la vita, quella fantasia può giungere fino a te. Credo sia un dono da parte sua, anche se lui non lo saprà mai. Però ha aperto la mente di molti, e quindi anche la mia. Cerco sempre non di ispirarmi troppo alle sue storie, ma di prendere invece la filosofia di base che c’è dietro al suo modo di vedere il Fantastico: la meraviglia, la scoperta, la luce oltre l’oscurità, l’eroismo dei piccoli e il fascino delle cose non dette. E di certo, senza il Signore degli Anelli non potrei proprio respirare!
Cosa consiglieresti a chi vorrebbe intraprendere la carriera di scrittore?
Leggere, leggere, e ancora leggere. Questa è la prima cosa, perché la lettura nutre davvero la mente, non è una frase fatta. E poi, il coraggio: non avere paura di quello che sentiamo e di ciò che scriviamo, perché ogni mente che cerca il bello è nel giusto… allo stesso tempo, però, secondo me, per scrivere bisogna saper ascoltare gli altri, anche e soprattutto quelli che criticano certi aspetti delle tue storie o del tuo stile, perché la scrittura non è un frutto che cade dal cielo, ma un lavoro paziente, da artigiani. Nessuno è un genio, e si può sempre migliorare e imparare!
Infine, una curiosità per i nostri lettori: a cosa stai lavorando adesso?
Naturalmente sto lavorando con i primi capitoli del terzo volume di Nandèra, ma tra pochissimo su Amazon uscirà una riedizione del mio primo romanzo, il “Ragazzo in ritardo”, che necessitava di un editing migliore rispetto a quello che ebbe all’epoca: molti che hanno letto i “Racconti Disprassici” me lo hanno chiesto, e dato che quel libro parlava di disprassia, tra le altre cose, sebbene in salsa fantasy, penso che fosse doveroso rimetterci mano. Però il progetto che mi sta prendendo tanto tempo è un altro, di cui vado fiero, forse perché è tosto: il mio primo romanzo storico, ambientato nella Puglia del primo 900: “Signori Cafoni”, che parla di quattro inseparabili amici pugliesi che crescono in mezzo alle lotte delle Leghe contadine per il miglioramento delle condizioni dei braccianti, che vivevano nella miseria più nera. Un progetto che sto amando molto, anche perché io sono di origini pugliesi e questa storia narra anche di eventi, grandi e piccoli, in mezzo ai quali si è trovato coinvolto il ramo paterno della mia famiglia: una storia nata da alcuni ricordi di mia nonna, e che spero di far leggere a tante persone, perché quel mondo di lotte non deve essere dimenticato!