La montagna era scoscesa, con rocce acuminate e priva di vegetazione, e la salita che portava all’accesso della grotta vicino alla vetta era ripida e infida. D’un tratto, dinnanzi all’antro da cui echeggiava un rumore profondo simile al fragore dei tuoni durante una tempesta, dal baratro emerse un braccio, che si aggrappò a un masso sporgente. Un giovane, con un’armatura di cuoio borchiata e armato di sciabola e arco, si issò faticosamente per l’ultimo tratto, grondante di sudore e con il respiro affannato. Fece due respiri profondi e poi si sporse verso il precipizio, dove un altro guerriero, con un’armatura di maglia pesante, penzolava pericolosamente. Allungò il braccio e, facendo leva con tutto il suo peso, lo aiutò a salire tra le pietre acuminate: anch’egli era un guerriero, molto più possente del primo, e subito afferrò il lungo spadone a due mani che portava sul dorso.
“Ho già perso troppo tempo. Il premio per questa fatica mi sta aspettando!” esclamò addentrandosi nella grotta ignorando il compagno che, lentamente, si stava ancora rialzando da terra. Avanzò senza paura verso una luce baluginante, incurante del rombo simile a un respiro, fino a raggiungere il cuore della montagna: un’ampia grotta al cui centro, in cima a una stalagmite alta quasi due uomini, giaceva infilzata una spada. La lama emetteva una candida luce sfavillante che si rifletteva tra le rocce circostanti. In quel momento il rombo si arrestò e un’ombra si avvolse attorno alla magica arma per poi innalzarsi in tutta la sua grandezza. Una voce rimbombò nella grotta: “Perché sei qui, umano?”.
L’uomo, sollevando la sua arma, rispose fiero e indomito: “Per prendermi la tua testa e ciò che mi spetta!”.
L’ombra si avventò con uno scatto su di lui, divorandolo in un solo istante. Il giovane guerriero, appena sopraggiunto, rimase immobile, impietrito dalla fine del compagno. L’ombra chiese ancora, minacciosa: “E tu, invece, perché sei qui?”
“Per liberare il nostro mondo da quelli come lui…”, rispose il giovane indicando con la mano lo spadone che giaceva a terra.
“Bene, allora avrai una sola occasione per salvare te e chi crederai degno di tale premio!” rispose il Drago prendendo un profondo respiro. Il giovane si guardò attorno e, non vedendo alcun riparo, si voltò e corse verso l’ingresso senza guardarsi indietro. Alle sue spalle esplose un violento boato seguito da una luce fiammeggiante e un calore sempre più forte lo spinsero verso l’uscita ormai vicina. Chiuse gli occhi, accelerando, ma l’onda di calore che lo investì lo scaraventò oltre il dirupo, tra le nuvole, e poi giù nel baratro.
Una voce gli fece aprire gli occhi: “Allora, ti muovi? La Spada del Potere mi aspetta! Grazie a quella, persino l’Imperatore dovrà inginocchiarsi d’innanzi a me! Sì, staccherò la testa di quel Drago senza alcuna pietà!”
Il giovane si guardò attorno: erano ai piedi della montagna di Magmoth, prima della scalata. Il compagno lo incalzò: “Allora, cos’hai intenzione di fare? La fama e la gloria ci attendono. Non ci avrai ripensato? Non sarai mica un codardo, vero?”
“No, ma lassù non è la gloria che ci attende. Lasciamo perdere, troveremo un altro modo”, rispose lui.
“Ah, sei solo un debole! Resta qui a curare il mio cavallo, allora, e a preparare la cena!” abbaiò il guerriero cominciando a scalare la parete scoscesa. Il giovane scosse la testa, si avvicinò ai cavalli e, dopo aver preso le briglie, mormorò: “No, non sono un debole, tantomeno un codardo, ma il destino mi ha dato una seconda opportunità…” e il suo sguardo si posò sulla bisaccia legata al fianco del suo destriero, dove un fagotto in stoffa celava una spada scintillante.
Racconto scritto per Associazione Culturale Universo Fantasy da Anthony Cristel, del CSU – Collettivo Scrittori Uniti.
Immagine realizzata da I Ritratti di Alessandra.