Chi è il VIAGGIATORE?
Un essere senza tempo che vagando tra gli universi e le dimensioni parallele raggiunge questa realtà?
Un antico eroe del nostro pianeta, autore di gesta talmente grandi da farne una leggenda immortale?
O forse è introspezione!
Un rivolgere lo sguardo dentro la propria anima per prepararsi al balzo verso i territori ancora inesplorati dell’universo custodito nella nostra mente.
In questo nostro universo dove è stato condannato a vivere in eterno, incontra vite ordinarie e straordinarie, osserva esistenze che vincono e perdono la battaglia della vita.
Lui è il Viaggiatore, aiuta i cuori a riflettere prima di agire, perché ogni errore è per sempre.
Chi è dunque il Viaggiatore? Questo è il modo in cui ce lo presenta Paolo Gastaldo, l’autore del romanzo che andiamo a recensire.
Si tratta di una serie di piccoli racconti, quasi come dei piccoli saggi, racchiusi da una trentina di capitoli e intervallati da bellissime illustrazioni di Mauro ed Elena Manzo e Christine Gross. Il filo conduttore è proprio la presenza di questo “Viaggiatore” che ha modo di interfacciarsi in ogni spazio-tempo con i protagonisti dei singoli racconti. Il Viaggiatore non è sempre uguale, a volte, come nel caso delle Idi di Marzo, è un’ombra, a volte ha parvenze fisiche, a volte sembra essere un’entità aliena. Ovunque egli (ella? Ecco, forse sarebbe più appropriato l’uso del pronome anglosassone “it” o l’uso del genere neutro latino) sia presente, costringe chi gli sta attorno a fare i conti con l’unica entità realmente eterna: il tempo. In questo modo, nel libro di Gastaldo, saltiamo qui e là tra Grecia e galassie lontane, tra fatti recenti della nostra storia contemporanea, possibili o realmente accaduti, e un incontro nientepopodimeno che con Shakespeare, perché il tempo è colui che chiude in sé ogni cosa senza permetterci di perderla. Ecco perché, dunque, il tempo ci invita alla riflessione, perché ci spinge a pensare che niente di ciò che decidiamo di fare sarà dimenticato o perduto. Ogni essere umano è portato periodicamente a fermarsi a riflettere sul proprio tempo, ma senza considerare che ognuno di noi lascia un’impronta di sé nello scorrere del tempo stesso. La nostra riflessione tende a concentrarsi su “quanto ne ho perso” e “cosa avrei potuto fare”. Forse un incontro con il Viaggiatore sarebbe utile a direzionarci meglio, ma non è chiaro a chi egli scelga di mostrarsi per spiegare la sua funzione.
L’inizio del romanzo è in un certo senso emblematico, perché si apre con la formula della relatività: E=mc2. A quale scopo inserirla in questo contesto? Tutti sanno che i sensi possono ingannarci. Quando osserviamo una lunga strada diritta, per esempio, abbiamo l’impressione che essa si restringa in lontananza, ma nessuno penserebbe di considerare questo come un fatto oggettivamente reale, siamo cioè coscienti che la strada non si restringe, ma è solo una nostra percezione visiva. È necessario considerare soltanto ciò che non cambia, ma scoprire che cosa sia non è semplice. La teoria della relatività afferma proprio che lo scorrere del tempo non è universale. Ed eccoci quindi tornati al nostro punto principale e al senso di inserire quella formula all’inizio: il tempo, un’entità che non disperde nulla, ma il cui scorrimento non è uguale per tutti.
Sarebbe molto bello continuare a riflettere su questo discorso, ma non dobbiamo perdere di vista l’oggetto della nostra recensione. Tornando al libro, e parlando di aspetti propriamente tecnici, possiamo dire che la scrittura di Gastaldo è molto scorrevole e ben si adatta ai vari racconti, sia nella parte di prosa, sia nelle parti in versi. La narrazione procede chiara, senza aver necessità di tornare a recuperare qualche concetto perso, probabilmente anche per il fatto che la brevità dei singoli racconti non permette particolari “sbandamenti” narrativi, lasciando tutto molto concentrato anche quando, a volte, ci piacerebbe che la narrazione del singolo avvenimento durasse ancora un po’ per la piacevolezza della lettura. In mezzo ad avvenimenti storici, c’è spazio anche per la riflessione personale e autobiografica, come nelle pagine scritte a mano o nel racconto “Lo scrittore e l’eroe”, dove emerge il desiderio di parlare con le due facce della propria anima. L’utilizzo delle foto e delle illustrazioni al termine dei racconti serve a rendere ancora più percettibile ciò che l’autore vuole intendere e, a questo proposito, bisogna complimentarsi per la scelta davvero adatta delle immagini che sono assolutamente evocative. I modelli di Gastaldo sono molto chiari e vanno da Tolkien a Bradbury, passando per Verne, e la conoscenza solida di questi modelli rende “Il Viaggiatore, destinazione conosciuta” sicuramente un libro valevole e da leggere.
Per questo motivo, però, mi sento di consigliare una revisione accurata dell’editing che risente, di tanto in tanto, di distrazioni di impaginazione e punteggiatura e, nella parte finale della biografia dell’autore, si notano troppi “orpelli” personali. Se un prodotto è buono, parla da solo e “Il Viaggiatore” può parlare benissimo da sé.