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RECENSIONE A “LA STAGIONE DEL RITORNO” DI ANGELA DI BARTOLO

written by Luca Nesler Novembre 20, 2019

Angela Di Bartolo, bolognese di nascita e laureata in Scienze Politiche, deve il suo amore per la scrittura e il genere fantastico alla lettura de “Il Signore degli Anelli” di Tolkien, come scrive nelle note alla fine del romanzo “La stagione del ritorno” edito nel 2015 da Runa Editrice. Nel 2014 ha pubblicato l’antologia di racconti fantastici “Per altri sentieri” e il racconto illustrato per bambini “Nero”, sempre con Runa editrice.

Nelle Terre d’Oriente si verificano strani delitti. Savìla e Lirian se ne addossano a vicenda la colpa. Diffidenza e sospetto si spargono come un veleno, dopo secoli di pace si torna a parlare di guerra. Pochi sanno che è un altro, il nemico: un’ombra maligna che penetra le menti degli uomini, che fa leva sul loro orgoglio per asservirli, per spingere i popoli a uno scontro totale.

E la guerra esploderà, feroce fino alla barbarie, coinvolgendo tutte le Terre d’Oriente. L’unica speranza è un fiore d’argento, un talismano che solo un uomo potrà ritrovare.

Sarà un cammino sull’orlo dell’abisso, un arduo viaggio per luoghi remoti ma anche all’interno di sé, a confronto coi propri demoni in una lotta dall’esito mai scontato.

La Stagione del Ritorno è la storia di una discesa all’inferno e di una faticosa risalita, in un difficile percorso di maturazione di individui e popoli verso un nuovo equilibrio.

Come s’intuisce dalla quarta di copertina, si tratta di un romanzo fantasy epico che narra le vicende di due territori in lotta fra loro a causa degli imbrogli di un’entità malvagia e del tentativo di alcuni uomini, a conoscenza della verità, di fermare la guerra che si sta scatenando.

La stagione del ritorno è un romanzo che deve molto al già citato “Signore degli Anelli”, in quanto a trama ed atmosfere. Abbiamo la lotta del Signore del male (Wòrmor) contro il bene, rappresentato dal resto degli esseri viventi, l’eroe predestinato, l’artefatto chiave cimelio di tempi antichi, la compagnia che sosterrà l’eroe, i reggenti in difficoltà, il mago millenario che pone il protagonista di fronte alla sua responsabilità per poi dileguarsi e seguire le vicende in modo evanescente e parallelamente ad altri impegni, figure ormai archetipiche dell’high fantasy.

Lo stile dell’autrice è molto pulito e scorrevole, piacevolmente aulico e poetico, a tratti evangelico, se mi si concede il termine, soprattutto verso l’ultimo terzo del romanzo. Grande spazio viene dato a dialoghi e introspezione dei personaggi di cui vengono mostrate in modo limpido e forte le motivazioni e le emozioni. Questi ultimi, tuttavia, caratterialmente non si distinguono molto, come spesso accade in questo tipo scrittura dove tutto è nettamente distinto tra bene e male. I buoni sono simili tra loro come lo sono i malvagi, manca una sorta di unicità che permetta di identificarli univocamente.

E qui cito subito quello che, per me, è stato il difetto maggiore del romanzo. Confesso che ho faticato per un buon terzo del tomo a distinguere i personaggi principali, ostacolato dalla quasi totale assenza di descrizioni e, soprattutto, dall’enorme quantità di nomi, cognomi e soprannomi che infarciscono costantemente la narrazione. Spesso, personaggi anche solo secondari entrano ed escono di scena lasciando dietro di sé nuovi nomi difficili da memorizzare. Anche verso la fine della lettura mi sono chiesto chi fosse un personaggio che veniva presentato come già noto, ma che, in realtà, non lo era. Questo aspetto, a parer mio, causa non poca confusione e stona con l’ottimo stile narrativo dell’autrice e la grande cura per il mondo da lei creato.

Un’ombra si stende su Lirian. Sulle Terre d’Oriente incombe la notte. L’odio, la guerra bruciano corpi e cuori. Nelle tenebre dorme una luce. Solo un uomo potrà ridestarla. Riuscirà a sconfiggere il buio? Sarà capace di sacrificare tutto?

L’ambientazione è vasta e complessa. Il lavoro di worldbuilding (costruzione del mondo) fatto da Angela Di Bartolo è notevole e approfondito. Ogni luogo, paese, città ha un nome, ma anche una sua storia, leggende e, talvolta, le sue bibite o cibi tipici. Tuttavia, questo grande sforzo non è sempre integrato al meglio nella narrazione. La mancanza di descrizioni, infatti, è un elemento di cui risente anche la resa dell’ambientazione, lasciata sovente alla fantasia del lettore. Forse anche per questo non si ha sempre la sensazione di conoscere ciò di cui i personaggi parlano o dove avvengano le vicende.

La trama procede in modo lineare ma a tratti lenta, nonostante lo stile scorrevole, privilegiando l’aspetto introspettivo dei molti personaggi presenti e le preoccupazioni di chi vive la guerra tra il Regno di Galenia e la Repubblica di Lirian, domandandosi quale sarà il loro destino. Non mancano, tuttavia, momenti di vera avventura e di pericolo per i protagonisti, anche se non sono presenti veri colpi di scena o diramazioni inattese.

Secondo me il punto forte di “La stagione del ritorno” è sicuramente la cura generale del romanzo, dallo stile alla costruzione di un mondo fantastico e ricco. Chi ama l’epicità e la sontuosità di narrazioni che sanno di leggenda sarà senz’altro appagato, sia dallo stile molto curato della scrittrice, che dalla trama, mentre chi si aspetta un romanzo pieno d’azione e avventura potrebbe preferire letture diverse.

Se l’autrice inserisse delle descrizioni più accurate, soprattutto sui personaggi che popolano il romanzo, sarebbe certamente gradito dal pubblico e semplificherebbe la conoscenza degli stessi.

E voi cari lettori, avete già letto questo romanzo? Ditecelo nei commenti.

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