Arrivata sulla piattaforma streaming a metà febbraio e già sulla bocca di tutti, tra binge watching al cardiopalma e richieste per una season 2 dopo neanche una giornata dall’uscita, The Umbrella Academy si piazza con prepotenza tra le novità importanti di Netflix per la stagione, relegando nei meandri delle watchlist tutto il resto.
Ma da dove arriva tutto questo accanimento? Ma come è possibile che manco una settimana dopo e già siamo inondati da fanfiction e fanart? Ma chi sono questi? E poi perché proprio un ombrello?
Cominciamo col dire che la serie è basata su una serie di fumetti creata da Gerard Way. Sì. My Chemical Romance. Il cantante. Lui. Unico e solo.
Questo per premettere che noi i fumetti non li abbiamo letti e quindi non possiamo esprimerci sulla qualità dell’adattamento.
E ora…
Sono stati tutti adottati da Sir Reginald Hargreeves, questo vecchietto un po’ strambo, un po’ egocentrico, un po’ s****** che decide di addestrarli per farli diventare degli “eroi”. Secondo quesito esistenziale.
Questi 7 bambini (di cui una lasciata nel dimenticatoio) sono cresciuti per diventare supereroi in uno strano mix tra Superchicche e Teen Titans, che però finisce per esplodergli in faccia tramutandoli in età adulta in una banda di disadattati. Andiamo ad analizzarli:
- Number One/Luther ha il complesso dell’eroe. Il Captain America della situazione. Lui è la sua fissa per le regole e per il bene comune a discapito della sua incolumità e della sanità mentale di tutti quelli che gli stanno intorno. Vuole fare il leader, ma non è esattamente il membro più brillante della squadra.
- Number Two/Diego. In questa serie sono tutti complicati, ma lui è uno di quelli che lo è particolarmente. Il finto burbero, quello che dice cose cattive, ma non le pensa. Quello con l’ironia pungente e le idee buone che vengono ignorate. Quello che forse alla famiglia tiene di più (madre robot e zio scimmia inclusi) anche se cerca di fare il macho. E in un’eventuale season 2 vorremmo davvero sapere di più su di lui. Ci ha incuriosito non poco.
- Number Three/Allison che è quella col potere figo che però non sa gestire. E questo spiega come mai sia BFF con Number One. Due cuccioli che non pensano alle conseguenza di quello che fanno. Comunque lei è l’unica che dopo che la famiglia si è sfasciata è stata in grado di costruirsi una vita più o meno decente e per questo la stimiamo.
- Number Four/Klaus che è quello coi problemi, ma che ci sta troppo simpatico. Non ha fatto le migliori scelte di vita, ma diciamo che avere il super potere di vedere i morti non è che aiuti molto ad avere stabilità. É sicuramente un personaggio pieno di sfumature, che non è facile inquadrare ma, come per Diego, in un modo tutto suo tiene alla sua famiglia.
- Number Five è letteralmente un vecchio nel corpo di un adolescente. Arriva e se ne va come gli pare. I drammi familiari gli interessano poco. Cinismo che cammina.
- Number Six/Ben che tecnicamente è morto da un pezzo, ma anche dall’oltretomba resta quello saggio e in grado di prendere decisioni razionalmente. Una specie rara da proteggere.
- Number 7/ Vanya che è quella normale. Quella che con i casini sovrannaturali dei familiari non vuole avere più nulla a che fare, grazie tante. Quella che è sempre stata paragonata ai fratelli con capacità fuori dal comune. Vi lasciamo immaginare la gioia.
Ora questi 6 individui si dovranno pur reincontrare e cosa funziona meglio di un funerale?
La storia funziona. Abbastanza. Diciamo pure che la prima metà della stagione ti rende parecchio difficile staccarti dallo schermo, perché la curiosità è troppa. Un continuo di dinamiche familiari e misteri che davvero valorizza tutti i personaggi e spinge la storia avanti in modo fluido e con un gran ritmo. Poi però, intorno al sesto episodio, qualcosa si rompe e l’armonia va un po’ a farsi friggere: alcuni momenti sono noiosi, altri ripetuti ancora e ancora, i dialoghi diventano meno incisivi e la serie in generale perde in parte il carattere che l’aveva contraddistinta all’inizio.
Senza fare spoiler, il finale per noi ha senso, è in linea con tutta la serie che si basa parecchio sullo scardinamento del concetto di eroe; ma il modo in cui ci si è arrivati non è per nulla convincente e il climax non ha funzionato come avrebbe dovuto e quindi la risoluzione finale arriva senza creare la tensione necessaria, che è davvero un peccato considerato tutto il lavoro fatto sui personaggi, che sono davvero sviluppati in un modo incredibile. Sono loro, tutti loro, a mandare avanti la serie con le loro mille sfaccettature, i loro problemi e le loro insicurezze: tutto il resto, misteri e combattimenti inclusi, passano in secondo piano rispetto alle loro vicende personali che risultano molto più interessanti di tutto il resto.
Il casting per questa serie era pieno di insidie, ma il risultato è stato eccezionale e tutti gli attori sono più che convincenti nei loro ruoli, con standing ovation per David Castañeda (Diego), Robert Sheehan (Klaus), Aidan Gallagher (Number Five), Mary J. Blige (Cha-Cha), Cameron Britton (Hazel) e Kate Walsh (The Handler). Sì, lo so. Abbiamo nominato mezzo cast, ma capiteci.
Per quanto riguarda il reparto tecnico, una prima menzione speciale va alle musiche scelte. Belle.
Gli effetti speciali sono stati ben gestiti, tranne per uno scivolone che avrebbero potuto facilmente evitare e che, purtroppo, salta subito all’occhio.
La regia non è sorprendente, ma ci sta. Idem per la fotografia, che però ogni tanto ha un guizzo di carattere. In caso di season 2 spingete sull’acceleratore perché in una serie del genere, con questa vena steampunk (?) ci calzano a pennello tocchi di stile a livello di palette e di inquadrature. Osate gente. Cioè ci sono riusciti in Riverdale. Dai.
Ma i personaggi sono davvero ben sviluppati e speriamo davvero in una season 2 che possa rendergli giustizia. La serie sembra aver appassionato molti e quindi sono alte le possibilità per un rinnovo. Noi cominciamo a sperare e vi lasciamo col trailer della season 1.
Articolo già pubblicato su LoserPants.