Claudio “CLAPS” Iemmola, classe ‘73, è un illustratore e fumettista palermitano, grafico, scenografo e scultore con esperienza pluriennale. Si forma alla Scuola del Fumetto di Milano, attualmente lavora per la Upper Comics, ma ha collaborato anche per Shockdom, M&C Saatchi Milano e Blam!Edition. In questo momento si sta occupando di un nuovo progetto editoriale e tutti i dettagli li trovate all’interno di questa intervista che noi di Universo Fantasy abbiamo avuto il piacere di fargli al Terzo Salone Internazionale del Fumetto, “Palermo Comics Convention“. Buona lettura alla scoperta di CLAPS.
1. Come hai cominciato la tua carriera di fumettista?
“Quando ho guadagnato i primi soldini” con un disegno [ride, NdR].
Scherzi a parte, non ricordo con precisione, credo fosse il 1992, cominciai a far vedere in giro alcune tavole e partecipai ai primi concorsi di fumetto in quel di Palermo. Mi atteggiavo parecchio e presi delle mazzate incredibili da gente più brava di me. Non mi scoraggiai e cambiai modo di pensare…
2. Che studi hai fatto?
L’asilo e le elementari, dove ero bravissimo, poi il liceo classico, ma non mi piaceva. Tuttavia mi tornò utile anni dopo, al momento di scrivere le storie. Corsi di grafica vari e poi la Scuola del fumetto, a Milano, nel 1995. Poi un corso per addetti al facchinaggio-carrellisti, ma quella è un’altra storia [ride, NdR].
3. La tua è stata una scelta, un caso o un sogno che si è realizzato?
Una scelta consapevole solo in seguito, ma all’inizio fu un caso. Il primo disegnino alle elementari, i compagni e la maestra ti fanno i complimenti, i genitori sono orgogliosi e da lì resta l’affezione al gesto e te la porti dietro per tutta la vita.
4. Robotics, come è nato? Perché pensi di non essere tu a continuarlo?
Robotics nasce principalmente grazie alla mia eterna passione per i robot. Nello specifico da una bevuta di vino con un amico disegnatore, Massimo Perissinotto, che mi disse testualmente “Visto che ti piacciono i robot facci un fumetto””! Studiai personaggi e storia per circa 3 anni, poi iniziai le tavole, le portai a Lucca e da lì a pochi mesi la pubblicazione, con Shockdom. A causa di divergenze personali con l’editore la serie (prevista in 6 volumi) si fermò al secondo capitolo. Un problema di diritti rende attualmente difficile la continuazione, ma con un’autoproduzione la saga potrà continuare prestissimo, a partire dal marzo 2018, se tutto va bene.
5. Ma CLAPS per cosa sta?
“Applausi!”. E’ un’onomatopeica che mi piace moltissimo e tra l’altro le prime due lettere sono le stesse del mio nome, Arturo.
6. Cartoonicidio, ottima satira a tratti grottesca della nostra società. Pensi possa aprire un pò gli occhi o solo suscitare ilarità o peggio odio?
Speriamo tutt’e tre le cose. Ai quarantenni d’oggi puoi togliere tutto, il lavoro, diritti civili, puoi vessarli come vuoi, non si lamentano mai, se non via Facebook. Però se gli tocchi il calcio o i cartoni animati vanno su tutte le furie. Ovviamente generalizzo, ma solitamente funziona proprio così. Credo sia la generazione più disillusa di tutte, la più sottomessa e dimenticata, a volte mi ricorda quella americana che fu mandata in Vietnam a combattere. Non era così che dovevamo vivere. Io lo dico col Cartoonicidio, anche se in Robotics c’è già un seme di temi sociali abbastanza scottanti.
6. Palermo è una città difficile nella quale fare il tuo lavoro?
Assolutamente sì. Nonostante negli ultimi anni sia nata una fiorente generazione di disegnatori, anche grazie alla Scuola del Fumetto di Palermo, manca ancora una categoria di editori con cui lavorare. Dobbiamo sempre “emigrare”, se non fisicamente, idealmente, lavorando anche via web fuori la Sicilia. Nella grafica vige la raccomandazione e quando non è così ormai grazie alle scelte del governo è facile assumere giovani senza esperienza, sottopagandoli, lasciando ai margini quelli più “attempatelli” come me. Inoltre, vuoi per la crisi economica (che da noi ci si lamentava anche durante gli anni del “boom”), vuoi per una spiccata propensione a sminuire sempre il lavoro degli altri, è davvero difficile guadagnare una carta da 100 euro…e devi sempre combattere (leggasi litigare) per ricevere un giusto compenso. Nazionalmente poi manca ancora un albo professionale riconosciuto istituzionalmente per cui chi ha bisogno di un grafico o un disegnatore, spesso e volentieri ricorre al “fai da te”.
7. Secondo te è vero che senza frequentare una scuola del fumetto, pur essendo bravi non si può fare carriera?
No, affatto. La scuola del fumetto è un’attività commerciale come altre, non ha nulla di romantico e non ha alcuno scopo vagamente formativo, nonostante sparino sempre agli allievi parole come “passione” o “amore”. Sono l’evoluzione naturale del vecchio “andare a bottega”, ma in versione “allevamento intensivo”. Escono da esse disegnatori bravissimi, commercialmente adatti ad affrontare le richieste del mercato, veri tuttofare del fumetto che però spesso e volentieri non hanno idee originali, quindi sono pochi, pochissimi, anzi rari, gli autori di fumetto veri. Inoltre, in periodo di crisi e di mancanza di lavoro, insegnare un lavoro e dire agli altri come trovarlo sono un vero affare. Non dico che le scuole non servano, dico solo che applicandosi 8-10 ore al giorno, per 365 giorni l’anno, seriamente, si raggiungono gli stessi risultati, magari frequentando pure le fiere del fumetto, confrontandosi, sperimentando e mandando il porfolio (cartaceo) alle maggiori case editrici italiane, che in quel caso rispondono sempre (contrariamente che con una mail) dando spesso consigli utili per migliorare. Invece che in 3 anni i progressi li vedi in 5, ma va benissimo, se non hai voluto (o potuto) spendere 5000 euro all’anno. Io l’ho fatta ma le cose migliori le ho realizzate a distanza di anni, quando ho cominciato a pensare con la mia testa.
8. Afrodite A con la mastectomia è un bel messaggio, pensi potrebbe funzionare per una campagna sociale di prevenzione dei tumori al seno?
Secondo me sì. Anzi, io applicherei la stessa idea “cartoonicida” a tutti i personaggi che, colpiti da un tumore, devono sottoporsi ai controlli medici preventivi o ad operazioni estremamente invasive. L’idea mi venne ripensando sempre alla solita domanda “come si chiamava il robot che sparava le tette in Mazinga?”. Ecco, ma una donna, è meno donna senza le tette? Purtroppo poi mi resi anche conto che molto spesso per una donna che ha dovuto combattere con un tumore al seno, pensarsi senza le “tette” è davvero brutto, quindi ho voluto sdoganare a mio modo una sorta di taboo. Ma prima di me lo han fatto decine di fotografi famosi.
9. Come ti immagini tra 30 anni?
Ancora più basso e con una pensione sociale risicatissima, ma sempre a disegnare.
10. Come i fumetti influenzano la tua vita reale?
Forse prima lo facevano meno, adesso, che il fumetto ha preso il suo posto, a buon diritto direi, anche nel cinema, grazie ai cinecomics e alle serie tv ispirate ad essi, direi moltissimo. Quando ero ragazzino io eravamo in pochi a conoscere Iron Man o Capitan America, adesso stanno sulla bocca di tutti e muovono un gran mercato che fattura grosse cifre ogni anno, senza mai scemare.
11. Domanda personale fuori tema, ti piace Harry Potter?
Non ho mai letto i libri, prima o poi lo farò, ma i film mi hanno, a tratti, entusiasmato. “Il prigioniero di Azkaban” è il mio preferito in assoluto. Ma in generale io sono uno a cui piacciono le novità, a me, per dirne una, non dispiace affatto nemmeno Peppa Pig, contrariamente ad altri miei coetanei fanatici dei “bei tempi andati”.
12. Domanda a te stesso, cosa ti chiederesti?
Maggior impegno. Non sono mai soddisfatto.